Tesi di Laurea in Antropologia del corpo presentata da Alessia Acquistapace – Università degli studi di Bologna – Facoltà di Lettere – Corso di laurea specialistica in Antropologia culturale ed Etnologia – 13 luglio 2011. Relatore prof. Ivo Quaranta, correlatrice prof.ssa Cristina Demaria.
Questo documento contiene una sintesi e l’indice della tesi.
Dal capitolo quarto è stato tratto un articolo in corso di pubblicazione nell’ambito del concorso PrecArt-CondivIdee 2011.
Contatti: acquapazz@bruttocarattere.org
In Italia ci sono sempre meno matrimoni e unioni stabili – un dato che di solito è preso in considerazione con vago allarme, e quasi sempre in rapporto a una preoccupazione per l’andamento della natalità. Ma mentre molte energie e parole vengono spese per domandarsi perché la gente non si sposa, o si separa presto, o non fa figli, poca o nessuna attenzione è dedicata a cercare di capire cosa invece fanno e come effettivamente vivono le persone che non riproducono questi eventi topici.
Conducono davvero un’esistenza solitaria e individualista? Restano figli/e a vita? O piuttosto costruiscono legami d’affetto diversi da quelli tipicamente familiari o di coppia? Chi si prende cura di loro? Con chi condividono casa, vita quotidiana e responsabilità di cura reciproca? I/le partner sessuali coincidono con chi svolge questi ruoli o no? Quanto e come? E se esistono altre figure significative nella vita delle single e dei single, con le quali questi scambiano aiuto, sostengo, affetto, tutte queste relazioni si proiettano nel futuro e quanto? Producono genealogie non biologiche? Quali rapporti di potere le attraversano? Che tipo di immaginario le ispira?
In questa ricerca mi occupo dell’esperienza di venti persone, di età compresa fra i ventisette e i quarantanove anni, le quali, per motivi e in modi diversi, hanno organizzato la propria vita in maniera che le loro fonti di sostegno emotivo e materiale non fossero esclusivamente né prevalentemente rappresentate dalla famiglia e/o dalla coppia così come sono comunemente intese nella nostra cultura. Si tratta di persone omosessuali o eterosessuali, lavoratori e lavoratrici precarie o anche stabili, le cui esistenze contestano il concetto di senso comune per cui o si è “figli”, o si “sta con qualcuno”, o si è “soli” – intendendo naturalmente con ciò non la solitudine totale, ma di certo l’assenza di punti di riferimento affettivi veramente forti: qualcuno che ci aspetti a casa la sera, che sia disposto a fare le notti in ospedale per noi, o che piangerebbe al nostro funerale.
Nell’immaginario comune, nel dibattito pubblico, nelle politiche sociali, nel cinema, in televisione, e purtroppo anche nella ricerca sociale, la nostra società assegna un privilegio simbolico indiscusso alla figura della coppia eterosessuale convivente, monogama e riproduttiva. Proprio in virtù di questo privilegio, talvolta assumono rilevanza le alternative o i supporti ad essa offerti, in campo riproduttivo, dalla tecnologia biomedica, o addirittura acquistano visibilità le varianti omosessuali al modello di coppia suddetto. Ma questa centralità simbolica della coppia – di un certo tipo di coppia – è appunto ciò che ci impedisce di vedere come, pur nel bel mezzo della molto discussa “crisi della famiglia”, non necessariamente le persone vivano sole e abbandonate a se stesse.
Dunque, dopo aver illustrato, nel capitolo uno, il contesto, i presupposti e il metodo della mia ricerca, nel capitolo due cercherò di decostruire alcune concezioni implicite direttamente o indirettamente collegate a tale centralità della coppia. In particolare, cercherò di problematizzare la concezione dell’età adulta come fase della vita caratterizzata dal matrimonio e dal lavoro stabile; evidenzierò il carattere strutturante della metafora della vita come percorso e i problemi che essa presenta in rapporto alle forme di vita contemporanee; esaminerò criticamente una certa idea dell’affetto come moto dell’anima e non del corpo, e come qualcosa di originario rispetto alle pratiche e ai gesti attraverso cui l’affetto stesso si esprime; proporrò infine di concepire le pratiche di cura e di condivisione come qualcosa che è produttivo di affetti almeno tanto quanto ne è il prodotto.
Il punto di partenza del terzo capitolo sarà, in senso lato, la cura. Racconterò di chi si prendono cura i soggetti coinvolti in questa ricerca, chi si prende cura di loro e con quali modalità, sia nella vita quotidiana che nelle situazioni di emergenza. Un’attenzione particolare sarà dedicata alla realtà delle case condivise, alle pratiche di cura fra coinquilini/e, e alle risignificazioni dello spazio domestico che si producono nell’ambito di tali esperienze. Esaminando le pratiche di cura nel quotidiano, ma soprattutto nelle situazioni di emergenza (malattia, mancanza di alloggio, di reddito ecc.), verrà in primo piano l’interazione, non sempre “pari”, fra relazioni di parentela, relazione di coppia propriamente detta e altre relazioni d’affetto. Ciò mi condurrà a esaminare il problema del riconoscimento sociale delle varie relazioni. Intendendo il riconoscimento come qualcosa che avviene, a livello estremamente micro, nel contesto delle altre relazioni private o pubbliche che ciascuno e ciascuna intrattiene quotidianamente, verrà in luce come esso sia un fattore che influenza significativamente non tanto il grado di impegno all’aiuto reciproco presente in una relazione, quanto le possibilità concrete di mantenimento dell’impegno nei vari casi, e la pratica stessa della relazione nei suoi aspetti più minuti. Alla fine del capitolo, cercherò quindi di analizzare il modo in cui i soggetti percepiscono la propria sicurezza/insicurezza tanto di fronte alle avversità del quotidiano che di fronte alle emergenze e alle crisi della vita.
Il capitolo quattro sarà dedicato ad analizzare la vita affettiva e sessuale delle persone coinvolte nella ricerca in rapporto a quelle che loro percepiscono essere le norme sociali della coppia “standard” ma anche, in un certo senso, le norme della promiscuità “standard”. Ciò renderà necessario problematizzare più precisamente gli affetti come oggetto di indagine etnografica, e consentirà inoltre di sostanziare con ulteriori esempi il tema, già toccato nel secondo capitolo, del rapporto fra affetti, pratiche, linguaggio e relazioni sociali. Ci addentreremo quindi nell’etnografia cercando di dare un’idea della varietà di forme di affetto riportata (e in un certo senso rivendicata) dai soggetti sia nel campo delle relazioni non sessuali che in quello delle relazioni sessuali, in un modo che, come vedremo, tende a mettere in questione questa stessa distinzione. L’analisi porterà ad evidenziare come le norme sociali – quelle apparentemente dominanti ma anche quelle prodotte nell’ambito di pratiche e discorsi contro-egemonici – operino in modo molto diverso sulle soggettività femminili e sulle soggettività maschili, in particolare per quanto riguarda l’esercizio della sessualità. Infine, l’ultima parte del capitolo sarà dedicata a raccontare nello specifico alcune esperienze di messa in discussione della monogamia.
Questa ricerca è nata e si è svolta in buona parte nell’ambito dell’autoinchiesta sulle relazioni svolta dal Laboratorio Smaschieramenti, gruppo transfemminista queer che si riunisce a Bologna nella storica sede di Atlantide, in piazza di Porta Santo Stefano 6.
Per informazioni su Smaschieramenti:
http://smaschieramenti.noblogs.org
INDICE
Introduzione
Capitolo 1
1.1 Oggetto e motivazioni della ricerca
La famiglia “comunemente intesa” – Un insidioso trabocchetto: la competizione per il titolo di “famiglia” – Un interesse qualitativo
1.2 Metodo della ricerca
Etnografia di se stesse – Il lavoro del laboratorio Smaschieramenti – Dal laboratorio alla tesi – Le interviste – Gestire il coinvolgimento emotivo
1.3 Un’ottica trasversale ma non neutra. Genere, orientamento sessuale, identità e identificazioni.
1.4 Le parole per dirlo
Capitolo 2
2.1 Una griglia interpretativa
Due considerazioni generali – Le “voci” della griglia una per una – Esistenze precarie e centralità della cura nella prospettiva del laboratorio Smaschieramenti – Cosa c’entra la sessualità
2.2 Decolonizzare lo sguardo
La centralità della coppia – I sentimenti e le pratiche – Critica del senso comune demografico: ripensare il concetto di vita adulta – La metafora della vita come percorso.
Capitolo 3
3.1 Caratteristiche dei soggetti coinvolti nella ricerca
3.2 La cura
Difendersi dagli eccessi dell’aspettativa di cura – Prendersi cura ed essere curati: chi si prende cura di noi e come – Coinquiline e coinquilini – Partner conviventi (o semiconviventi) – Figli e figlie – Amiche e amici non conviventi – La cura a distanza: i genitori – “Tiranneggiare” – Un uomo autonomo
3.3 La casa
La vita nelle case condivise – Risignificazione degli spazi della casa e interazioni fra i corpi nelle case condivise – Precarietà dell’abitazione – Case condivise ed “età adulta”
3.4 Il supporto nelle emergenze
Quali emergenze – Emergenza, una questione di classe (ma non solo) – La classe di chi? Critica di una concezione familista del reddito – Chi aiuta chi (e interazione fra i soccorritori) – Amici, coinquilini, parenti, amanti – Gli ex e le ex – Aiuto fra sconosciute/i
3.5 L’impegno
3.6 Il riconoscimento
Perché abbiamo bisogno di riconoscimento – Chi elargisce il riconoscimento – Chi riceve riconoscimento – Leggibilità – Perché non abbiamo bisogno di riconoscimento
3.7 La sicurezza
Capitolo 4
4.1 Gli affetti come oggetto di indagine
4.2 Varietà “naturale” contro binarismo “culturale”? Affetti, linguaggio e relazioni sociali
4.3 Varietà degli affetti
“I presupposti erano chiari”: storia di sesso vs. storia d’amore – L’ansia definitoria – Amore = coppia?
4.4 Critica dell’amore, critica della coppia
Critiche incorporate del discorso amoroso – Critica della coppia – La coppia (eterosessuale) obbligatoria
4.5 Mettere in discussione la monogamia
Molte forme di monogamia, molte forme di non-monogamia – L’esperienza di Marina – L’esperienza di Antonia – Genesi di una scelta non monogamica: la gelosia – Gelosie differenziate per genere – L’esperienza di Mario
Conclusioni
Bibliografia