Era il 1986 quando Riffat Hassan, pakistana, oggi docente all’università di Louisville, in Kentucky, si cimentava nell’esegesi coranica, settore emergente che secondo le sue previsioni nell’arco di qualche decennio si sarebbe affermato come ambito di ricerca privilegiato per lo studio delle questioni di genere nel mondo arabo. Nel suo articolo Equal before Allah? Women-Man Equality in the Islamic tradition, pubblicato l’anno seguente, si affronta il tema della supposta superiorità dell’uomo sulla donna: citando direttamente il racconto della Genesi contenuto nel Corano Hassan afferma che gli individui, siano essi di sesso maschile che femminile, risultano creati da uno stesso nafs (anima) e pertanto sono uguali di fronte a Dio. L’unica differenza è puramente biologica e funzionale all’atto della riproduzione della specie umana, momento in cui l’uomo deve provvedere al sostentamento materiale della donna, impegnata prima nella gravidanza e poi nell’allattamento. Hassan tiene a sottolineare come la prescrizione coranica del supporto dell’uomo alla donna sia relativa ad un caso contingente e non vada pertanto confusa con una generalizzazione che sancisca la dipendenza del soggetto femminile né tantomeno la sua inferiorità.Riffat Hassan, pioniera nello studio delle questioni di genere nel mondo islamico, si batte da decenni contro atteggiamenti e interpretazioni coraniche patriarcali che a suo avviso hanno mistificato il messaggio originario di equità di genere. Il suo lavoro esegetico e il suo impegno come attivista in difesa del diritto all’aborto mirano a ristabilire questa equità, affinchè diventi la base su cui rivendicare diritti concreti nelle società musulmane.
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