Interazioni in sala parto. Le parole della medicalizzazione

di Lia Lombardi (da inGenere.it)

Come numerosi studi dimostrano, il linguaggio è molto più che uno scambio di informazioni. Esso compie un ‘lavoro’: due persone che parlano, inviano e ricevono messaggi e nello stesso tempo compiono un’azione sociale. Il risultato più importante di questi studi è che nel linguaggio permangono modelli ricorrenti di comportamento. L’analisi delle conversazioni della vita quotidiana ne evidenzia la somiglianza strutturale.

I contributi che hanno animato la sessione numero sei del convegnoGenere e Linguaggio[1] hanno fatto riferimento a questa nozione, soffermandosi, in particolare, sul potere performativo del linguaggio riferito ai generi[2], sui processi di stigmatizzazione e di costruzione delle identità di genere, sulla costruzione del linguaggio di genere nei media[3] e nell’informazione on-line[4]. Un ulteriore contributo sottolinea gli aspetti linguistici che designano e categorizzano le identità di genere, all’interno dei processi di medicalizzazione.

Le riflessioni che seguono sintetizzano alcuni dei punti emersi nel dibattito, soffermandosi sul potere perfomativo del linguaggio medico rispetto alla rappresentazione e alla costruzione sociale e culturale dei generi, con riferimento a contesti medico-istituzionali con forte connotazione di genere, come le sale parto.

Linguaggio, potere e differenze di genere

Gli studi su genere e linguaggio sono ormai numerosi e diversi tra loro: si estendono dall’analisi dei turni di parola nelle interazioni uomo-donna, a ricerche di tipo etnometodologico in cui si analizza la costruzione sociale del genere femminile. Questo mostra come le differenze di linguaggio siano connesse alla realtà strutturale definita dal dominio maschile e costruita nelle strutture economiche, familiari, politiche e legislative della società.

All’interno di questi studi un filone di ricerca si è sviluppato nei contesti medico-clinici da parte di studiose femministe che hanno interpretato nella interazione uomo-medico/donna-paziente la rappresentazione del potere e dell’ordine sociale.

Dietro i giudizi sullo stato di salute dei pazienti e le prescrizioni che i medici danno loro, c’è un sistema di credenze, di valori, di conoscenze più ampio in cui i medici collocano le informazioni sanitarie. Se la paziente è donna questi aspetti sociali giocano nell’interazione almeno a due livelli: da una parte i giudizi del medico sono spesso determinati dalle definizioni dei ruoli ‘appropriati’ per le donne nella società; dall’altra parte le donne, abituate nella vita quotidiana a comportarsi in modo dipendente e subordinato, si trovano spesso a ‘colludere’ con l’autorità medica, assumendo una posizione di ‘doppia subordinazione’ (come donna e come paziente). Questo campo della pratica medica è rivelativo dei meccanismi di potere, impliciti nell’interazione medico-paziente, in cui s’incontrano due direttrici: una determinata dalla potenza simbolica e sociale del controllo della salute e del corpo femminile, l’altra influenzata dalla cultura delle pratiche mediche come insieme oggettivo, asettico e autofondante.

Pertanto, il contesto ostetrico-ginecologico è quello del potere-sapere entro cui donna e medico si confrontano e che non riguarda solo la loro interazione faccia a faccia, bensì lo sfondo storico e sociale che tale incontro possiede: si tratta di un potere-sapere che permette al medico di definire la situazione in cui avviene l’interazione della visita ostetrico-ginecologica.

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