Hannah Arendt

Hannah Arendt

a cura di Valentina Riolo

 

Hannah Arendt è una delle autrici più influenti del ‘900. Le sue opere hanno fatto discutere, hanno creato sgomento, sono state oggetto di feroce critica e sono costate all’autrice la rottura di diverse amicizie. Ma nulla le ha impedito di esprimere le urgenze del suo tempo attraverso parole appassionate ed appassionanti, che bruciano e fanno riflettere ancora oggi, che ci spingono ad andare oltre la conoscenza superficiale per raggiungere la piena comprensione degli eventi e delle circostanze in cui viviamo perché, in fin dei conti, “siamo contemporanei solo fin dove arriva la nostra comprensione”.

 

LA BANALITÀ DEL MALE – Eichmann a Gerusalemme (EICHMANN  IN JERUSALEM. A REPORT OF THE BANALITY OF EVIL)

Feltrinelli, Milano 1964

A questo testo si deve molto della fortuna (o, forse, sfortuna) dell’autrice. È il risultato degli appunti, delle riflessioni e degli atti del processo contro Adolf Eichmann tenutosi a Gerusalemme nel 1961 a cui Arendt partecipa come inviata del “New Yorker”. I capi di imputazione contro Eichmann sono così terribili che ci si aspetterebbe di trovarsi di fronte ad un mostro. Proprio per questo Arendt resta spiazzata: crimini spaventosi erano stati compiuti da un uomo spaventosamente normale, comune, banale. Chiunque avrebbe potuto essere al suo posto: nessuna mente geniale dietro tanto orrore, solo un burocrate che a suo dire stava solo eseguendo gli ordini che gli erano stati impartiti. E come potrebbe essere reato rispettare gli ordini dello Stato? Viene poi messa in evidenza la collaborazione che alcuni capi ebraici avrebbero prestato ad Eichmann: sapevano e non hanno fatto nulla per evitare ciò che è accaduto.  Questo testo che è costato tante critiche e tante amicizie ad Arendt, rivela la sua profonda capacità di comprensione e critica di avvenimenti che a stento si riusciva a pensare che fossero avvenuti davvero. Ma, come ella stessa ha sostenuto, comprendere non significa perdonare.

 

VITA ACTIVA – La condizione umana (THE HUMAN CONDITION)

Bompiani, Milano 1964

Scritto nel 1958 e tradotto in italiano nel 1964, il testo non ha inizialmente successo perché il nome di Arendt resta sostanzialmente legato al libro su Eichmann uscito in traduzione italiana nello stesso anno. Queste si sono rivelate, invece, tra le pagine più importanti scritte dall’autrice, uno studio della condizione umana che non coincide con la natura umana. Temi principali sono la differenza tra lavoro, opera e azione; l’importanza non solo dell’essere-nel-mondo, ma dell’essere-nel-mondo con gli altri; la pluralità di esseri unici come conditio per quam della vita politica; la manipolazione estrema dell’ambiente naturale; l’agire che rivela il chi, che rende il soggetto responsabile in prima persona e che apre all’imprevedibilità delle conseguenze; il perdono e la promessa come componenti essenziali per garantire la remissione della colpa e la progettualità nell’incertezza degli avvenimenti. In opposizione all’alienazione dell’uomo dal mondo e dagli altri, Arendt propone di recuperare l’amor mundi e di “pensare a ciò che facciamo”.

 

RAHEL VARNHAGEN – Storia di un’ebrea (RAHEL VARNHAGEN. LEBENSGESCHICHTE EINER DEUTSCHEN JÜDIN AUS DER ROMANTIK)

Il Saggiatore, Milano 1988

In questa biografia Arendt racconta la storia di una donna ebrea vissuta tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’ ‘800. Attraverso la narrazione degli amori e gli umori di Rahel, emerge “la grande figura di una donna che trema e sanguina, senza casa e senza patria, senza mondo e senza fondamento” che non vuole perdere se stessa  (così  viene descritta in una delle lettere del carteggio tra l’autrice e Jaspers – presente nell’appendice del libro). Rahel e Hannah: entrambe ebree, entrambe colte, entrambe in contatto con gli intellettuali delle rispettive epoche, entrambe in balìa di relazioni sentimentali tormentate. Entrambe donne. Ecco che le loro vite e le loro esperienze si intrecciano e si sovrappongono fino a confondersi: ecco il testo più autobiografico e intimo di Arendt. Da leggere conoscendo già la vita di Hannah, da leggere per comprendere davvero la vita di Hannah.

 

SULLA RIVOLUZIONE (ON REVOLUTION)

Comunità, Milano 1983

Attraverso il paragone tra la rivoluzione americana, rivoluzione francese e rivoluzione russa, ma senza tralasciare rimandi al mondo antico, in questo testo si sviluppano le riflessioni dell’autrice sui concetti di povertà e ricchezza, felicità, necessità e violenza, forme di governo e costituzioni. Viene posto l’accento, inoltre, sulla differenza tra interesse, valido in quanto appartenente ad un gruppo, e opinione, che proviene sempre da un singolo; autorità delle istituzioni e potere, inteso come “potere su”e quindi esistente solo se esistono gli altri, da cui deriva l’identità tra obbedienza e sostegno quando ci si muove nell’ambito politico. Di grande importanza è l’idea di libertà, quella politica, intesa come “il diritto di essere partecipe del governo”, pena la perdita di ogni significato. Il bilancio delle rivoluzioni sarà, per Arendt, sostanzialmente favorevole agli esiti della prima, a discapito delle altre due.

 

LA VITA DELLA MENTE (THE LIFE OF THE MIND)

Il Mulino, Bologna 1987

Questa è l’ultima opera scritta da Arendt. Riprende e prosegue “Vita activa”, che si era conclusa con un invito alla valorizzazione e alla presa di coscienza dell’importanza della vita contemplativa. Doveva essere strutturata in tre parti, così come “Vita activa”, ma restano solo le prime due parti (Pensiero e Volere), della terza parte (Giudicare) restano solo degli appunti. La prima parte indaga l’importanza e le condizioni di esistenza dell’io pensante, e lo colloca tra il “non più” e il “non ancora”, tra il ricordo del passato e la proiezione verso il futuro: l’attimo presente rappresenta la libertà. La seconda parte tratta proprio del problema della libertà: prima in chiave cristiana durante il periodo medievale, in cui era intesa come libero arbitrio, poi negli autori moderni come volontà di potenza e libertà politica. La terza parte non era ancora stata conclusa al momento della morte dell’autrice. Tuttavia molti dei temi trattati sono presenti in altre opere di Arendt. Nello specifico, ci si può rifare alle lezioni tenute a New York e a Chicago e pubblicate nel testo “Alcune questioni di filosofia morale”.

 

LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO ( THE ORIGINS OF TOTALITARISM)

Comunità, Milano 1967

È uno dei testi più conosciuti di Arendt. Terminato nel 1949 e pubblicato nel 1951, è l’occasione per  uscire dal “senso di muta indignazione e orrore impotente” e riflettere sugli eventi da poco trascorsi. Una critica lucida che ricostruisce le origini del totalitarismo e analizza l’ideologia che c’è alla base: una “logica dell’idea” che pretende di costituire la realtà non in base all’esperienza di ciò che effettivamente è, ma secondo un assunto che essa stessa teorizza. Non solo l’aspetto pubblico, ma anche quello privato viene investito dal totalitarismo che pretende di controllare ogni aspetto della vita dei suoi componenti che costituiscono il partito unico di massa assoggettato al volere del capo. Da qui la differenza tra isolamento (che ha a che fare con la sfera pubblica) e l’estraneazione (che mira a rendere superfluo l’individuo nella sua umanità stessa). Descrive, inoltre, l’importanza della polizia e delle strategie di politica estera. Interessante è vedere come Arendt limiti la nozione di regimi totalitari al nazismo e allo stalinismo, ed escluda, ad esempio, il fascismo italiano in quanto ritenuto un totalitarismo imperfetto.

 

ANTOLOGIA – Pensiero, azione e critica nell’epoca dei totalitarismi (saggi da ESSAYS IN UNDERSTANDING 1930-1954)

Feltrinelli, Milano 2006

Il testo è composto da quindici saggi: quattordici che componevano i due volumi dell’ Archivio Arendt, a cui si aggiunge “L’umanità in tempi bui”, un saggio dedicato dall’autrice a Lessing. L’opera si presenta eterogenea negli argomenti di cui tratta, tanto da toccare molti dei temi sviluppati in maniera più approfondita da Arendt negli altri scritti. La complessità del comprendere, difficile ma allo stesso tempo necessario per riconciliarci con la realtà; la differenza con il perdono “che non ne rappresenta né la condizione né la conseguenza”; complicità, colpa e responsabilità di persone che rivendicavano il fatto di aver solo eseguito gli ordini. Vi sono, inoltre, la conversazione del 1964 con Günter Gaus (il quale sottolinea che la Arendt è la prima donna a partecipare alle interviste da lui condotte) interessante per avere un quadro più completo della vita dell’autrice, e saggi in ricordo di altri scrittori (come  la già citata riflessione su Lessing e il tributo in occasione dei ventesimo anniversario della morte di Franz Kafka).

 

ALCUNE QUESTIONI DI FILOSOFIA MORALE (SOME QUESTIONS OF MORAL PHILOSOPHY)

Einaudi, Torino 2006

Il testo riporta il ciclo di lezioni che Arendt tenne tra il 1965 e il 1966 alla New School for Social Research di New York (dal titolo “Some Questions of Moral Philosophy”) ed alla Chicago University (dal titolo “Basic Moral Propositions”). Sono gli anni successivi alla pubblicazione dell’opera “La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme” che tanto fece scandalo: non si poteva accettare un uomo ritenuto responsabile di milioni di morti venisse definito “banale”. Questo è uno dei temi che l’autrice tenta di chiarire: Eichmann incarna il collasso etico della società, come tutti quelli che sono stati sordi alla voce della propria coscienza. Costoro non si sono confrontati con il “due-in-uno” socratico e hanno preferito obbedire e barattare i propri valori con i nuovi che si venivano formando. Non erano criminali, ma uomini comuni, normali, appunto banali. E da questi bisogna guardarsi forse ancor di più che da quelli che hanno agito secondo la propria volontà e le proprie intenzioni. Ponte tra vita activa e vita contemplativa, in quest’opera si ritrovano anche riflessioni sui concetti di volontà e giudizio, in riferimento soprattutto alle filosofie di Nietzsche e Kant.

 

HANNAH ARENDT – un film di Margarethe von Trotta con Barbara Sukowa, Axel Milberg, Janet McTeer, Julia Jentsch, Ulrich Noethen.  durata 113 min. – Germania, Lussemburgo, Francia 2012

Segnaliamo, inoltre, il film su Hannah Arendt diretto da Margarethe Von Trotta. Il processo ad Eichmann, il matrimonio con Heinrich Blücher, il rapporto con Martin Heidegger, l’amicizia con Mary McCarthy e Kurt Blumenfeld, le critiche dopo la pubblicazione degli articoli per il “New Yorker” e il riscatto attraverso il discorso finale tenuto all’Università dopo essere stata invitata a dimettersi dall’’insegnamento.

Qui il trailer.