L’Atelier Arti è uno spazio di sperimentazione all’incrocio tra ricerca teorica, pratiche artistiche e immaginazione politica.
Questa sezione si occupa del corpo e dei linguaggi del contemporaneo in connessione con il pensiero trans-femminista a partire da performing arts, arti visuali, scritture. Campi che sono stati praticati come strumenti di presa di parola, di critica e di affermazione e al tempo stesso di sperimentazione.
Le arti non come oggetto da osservare in postura esterna, dunque. Partendo dal pensiero delle pratiche e dal posizionamento, è possibile guardare alle pratiche artistiche come spazio di soggettivazione possibile, per produrre saperi critici su corpo, sessualità, genere. E come campo di produzione di nuovi linguaggi e di nuove esperienze, da intrecciare con le acquisizioni prodotte dalle epistemologie femministe.
Il lavoro di artiste, collettivi, ricercatrici e sperimentatrici dei confini in connessione con il pensiero femminista ha prodotto una critica radicale e sessuata all’idea dell’unicità dell’artista, alla neutralità dei codici, ai canoni e ai fondamenti politico-epistemologici dell’estetica. Mettendo in discussione l’arte come spazio professionalizzato o riservato alle elites, che ricalca le disuguaglianze sugli assi genere/razza/classe.
L’arte non è un ambito separato, non è uno spazio di privilegio, ma neanche un idilliaco luogo di liberazione. Nell’attuale economia dell’arte, il lavoro creativo assomiglia sempre di più al lavoro riproduttivo e del genere, in cui passioni, relazioni, capacità linguistiche e differenze sono messe a valore in termini neoliberali. Saperi critici e parole-laboratorio per leggere dentro le contraddizioni e inventare sovversioni: intersezione, entanglement, performatività, narrazioni, scritture, sperimentazione.
Un pensiero coinvolto nelle pratiche che guarda anche – in un’ottica femminista – alla materialità dei processi artistici e agli spazi fisici e relazionali in cui accadono e prendono corpo.
[a cura di Ilenia Caleo e Isabella Pinto]