Roma, 22 febbraio 2012. Palazzo Incontro
Report di Cristina Pacella
Parola d’ordine: reinventiamoci una società più giusta. Riformiamo il modello dominante di welfare italiano, il cui peso ricade quasi esclusivamente sulle donne e che per di più non crea ricchezza. Riscriviamo “al femminile” le regole che normano il vivere collettivo, non solo per le donne, ma per tutti, facendo però attenzione a tenere le donne al centro. Donne che, nelle parole di Cecilia d’Elia, “devono invadere lo spazio pubblico” modificarlo e “informarlo”. Questo il messaggio forte e chiaro che si alza da un coro di insigni donne, attive e seduttive, sedute al tavolo di un bello spazio gestito dal Comune di Roma.
L’incontro prende le mosse da “Pink New Deal”, l’ultimo inserto pubblicato da inGenere e commentato, per l’occasione, da Ritanna Armeni, Raffaella Milano, Maria Silvia Sacchi, Annamaria Simonazzi, Annamaria Crispino, Cecilia D’Elia e riproposto, in alcuni passi dalla lettura di Caterina Cingolani. Presenti tante donne (ben oltre la capienza della sala) interessate e attive. Nelle parole di ognuna delle commentatrici, otre ad apprezzamento per il volume, si ritrova la richiesta di concretizzare le proposte di cui Pink New Deal tenta di farsi portavoce. Ed è per questo che la sensazione che l’incontro lascia, più che di una presentazione, è di un’occasione che nessuna si è lasciata sfuggire per chiamare al nuovo. Desiderio di cambiamento, spinta verso pensieri diversi, ridefinizione degli assunti di base. Tutte e tutti sono stati chiamati a costruire fattivamente il nuovo, e non solo, o meglio non unicamente, pensarlo. In particolare emerge con forza la necessità di un nuovo modello sociale e il bisogno, perché questo si concretizzi, di non aver paura a uscire dal tracciato. Nuovo modello sociale da costruire attraverso una rete molto più salda che finalmente riesca ad unire le donne. Donne e femminile che non inventino un modello per le donne, che non chiedano più un posto in una società strutturata da altre, ma che siano attive e partecipi, che reinventino la società di tutte/i e per tutte/i attraverso quello che, nella bella immagine di Rita Anna Armeni, viene definito “coraggio collettivo” delle donne, di cui inGenere può essere uno dei virtuosi esempi nati negli ultimi anni, ma non ancora sufficientemente numerosi. Centrale perciò l’affermazione di Raffaella Milano, che il Pink New Deal riformi il sistema di governance, eliminando quell’opacità che ancora rende così faticosa l’azione.
Nella presentazione si sottolinea come alcuni, timidi passi verso un ripensamento profondo sono effettivamente già stati mossi. Ad esempio si inizia a pensare alle donne come creatrice di PIL, come miglioratrici della vita produttiva del paese. Vengono citati (ma la questione rilevante è soprattutto che siano svolti) studi che misurano l’impatto sul PIL di un lavoro delle donne pensato per le donne. Ancora Ritanna Armeni porta la riflessione sui modelli di welfare e cerca di rovesciare l’ottica, affermando che il welfare può anche essere visto come produzione e quindi come creatore e moltiplicatore di ricchezza. In quest’ottica le donne, che attualmente sopperiscono allo stato sociale costituendo il tessuto stesso del welfare e per far ciò perdono ricchezza e rinunciano alle loro carriere, potrebbero invece creare benessere. Il welfare è un servizio essenziale e in quanto tale deve generare reddito e ricchezza, senza scindersi dalla fantasia, la forza innovativa e il coraggio, elementi così tipici della natura femminile. La dialettica discorsiva che nasce da questo primo intervento, e che si rintraccia in ognuna delle partecipanti, trova poi la sua sintesi nelle parole di Annamaria Simonazzi che si fa portavoce della corrente di pensiero che contrasta con l’assunto economico classico dell’obiettivo della crescita del PIL. Al centro si potrebbe e dovrebbe porre il benessere, ovvero un aumento generalizzato del benessere e della qualità della vita come misuratore e obiettivo delle politiche economiche.
La conclusione dell’incontro certo non lascia la sensazione di una chiusura. Tante proposte, tanta energia e tanta chiamata “al nuovo” mira a lasciare negli animi degli ascoltatori la voglia di far parte di questo rinnovamento così totale. Vale certamente la pena scavare tra le attività di inGenere e di contribuire a questa riscrittura della società!