La prima domanda: Il titolo dell’opera, Il secondo sesso, esprime una gerarchia tra i sessi. La domanda che si pone è: esiste una scala gerarchica tra i sessi a cui fa riferimento la nostra autrice per cui si può parlare di un primo e di un secondo sesso? In effetti, così posta la questione, mi viene da pensare ad un possibile riferimento alle Sacre scritture, alla Bibbia, del mito della creazione ad esempio. E che differenza di accezione c’è nella definizione scelta e utilizzata da Lacan di “altro sesso” , riguardo al sesso femminile, rispetto a S. De Beauvoir, che verrà infatti da lui criticata per la scelta dei termini “secondo sesso”. Dirà che si è voluta scegliere, da sola, una posizione di secondo piano. Dove invece era possibile cogliere la diversità dei generi come ‘premessa’ di una possibile intersoggettività paritaria.
La seconda domanda, e la mia riflessione, su quanto è stato espresso dalla relatrice Laura Storti verso il termine del suo intervento, verte sulla questione della sessualità.
La liberazione dalla ‘costrizione’ alla maternità (paternità anche…) avvenuta con la diffusione e con l’uso degli anti-concezionali, ha comportato da parte di Lacan l’esternazione “i nostri figli saranno costretti a godere del sesso”, ci ha detto la relatrice, in quanto la società in quella fase invitava a fare sesso liberamente senza porsi più le domande e i problemi che ci erano stati fino ad allora (…). Nella mia personale visione e lettura di quanto avvenuto, io trovo che invece ci fosse l’esigenza di dare senso ad una sfera personale vitale, di ‘risignificare’ la sessualità come sfera dell’espressione e della comunicazione e per questo, invece, molto più intrecciata con la sfera dei sentimenti.
Significava rivalutare l’esserci come corpo, con il suo linguaggio e il suo essere persona, insieme ad un dentro che non è separato. Era il tentativo di superare quello che la tradizione culturale occidentale innervata dal pensiero platonico, aveva sempre trasmesso nell’educazione nella cultura e cioè la dualità corpo/mente, strumento/anima. Infatti è stato negli anni ’70 che il pensiero orientale si è studiato e compreso nella sua diversità di fondo, o, piuttosto, di origine sulla questione del corpo in quanto relazione con l’universo e presenza.
Ecco, la liberazione dalla “schiavitù della specie”, ha significa allora per una donna rendersi conto di essere una persona anche se non madre, che ha un corpo proprio, col quale vivere, comunicare ed esprimersi. Anche se poi un percorso che non vada ad incidere profondamente nei luoghi da cui i cambiamenti necessari alla produzione di nuovi modelli e nuova cultura, entrano nella società e formano gli individui, lascia molti malintesi cosicché le strade interrotte si trasformano in cunicoli senza uscita.