Caso eccezionale tra le donne di cultura, Simone De Beauvoir in una recente intervista ha ammesso il suo debito verso le femministe, anche se con la consueta aria stanca di chi obbedisce alla Verità: « Hanno radicalizzato parecchie mie convinzioni, lo sono più o meno abituata a vivere in questa società dove gli uomini sono quello che sono, cioè degli oppressori. Personalmente non ne ho troppo sofferto. Sono sfuggita alla maggior parte delle servitù femminili: la maternità, la vita casalinga. D’altra parte ai miei tempi c’erano meno donne che portavano a termine gli studi. Conseguire una laurea in filosofia voleva dire collocarsi come una privilegiata tra le donne, Il riconoscimento maschile fu immediato: ero la donna eccezionale. L’ho accettato. Oggi le femministe si rifiutano di essere le donne-alibi come sono stata io. Hanno ragione ». Ma, appunto, la strada della Verità fa mancare la « piccola via proprio nuova »: Teresa Martin la sapeva lunga su questo. Tuttavia la De Beauvoir si espone e io la rispetto, anche se non empatizzo. Chi delle nostre privilegiate ha osato entrare in argomento, prestare il fianco?
Quando la De Beauvoir confessa di avere «rapporti personali con singole donne, non con gruppi o correnti del femminismo » e di lavorare « insieme a loro su questioni specifiche », ci fa capire cosa è mancato nella sua esperienza per passare dall’ammettere il privilegio al vederne la servitù. Il punto è tutto lì: restare convintedi essere meglio delle altre, di quelle che non hanno preso la via dell’inserimento, di quelle rimaste nell’c immanenza ». Questo concetto, che è uno dei temi portanti del « Secondo Sesso », mi fece soffrire quando lessi il libro per la prima volta, poco dopo che era uscito in Francia. Dentro di me ho preso posizione fin da allora: questa è stata una delle molle lontane che hanno fatto scattare « Sputiamo su Hegel ». Il femminismo non è un’idea, è una pratica, e proprio la pratica del gruppo di autocoscienza, il contatto vero, mai avuto prima con donne non identificate nella cultura, che però sono alla ricerca di una loro cultura, svela l’inganno di un riconoscimento pagato al prezzo di costruirsi sull’unica immagine che l’uomo è in grado di riconoscere: quella offerta da lui. Questo è il punto che la De Beauvoir non accetta e su cui costruisce teorie difensive: secondo lei la donna può scoprire solo quello che l’uomo ha scoperto, gli stessi valori. La De Beauvoir non riesce a cogliere modalità femminili sia perché non ammette un’accezione femminile dell’esistenza, sia perché la trova comunque formulata e elevata a valore nella mente onnivora di Sartre. Ma quando nel ‘71 le abbiamo mandato la traduzione francese di « Sessualità femminile e aborto » non ci ha risposto. Qualche mese dopo è uscita su « Le Nouvel Observateur » una sua intervista dove trovava « irritante e noiosa la mistica della clitoride » (*) portata avanti dalle omosessuali.
Nel giro di pochi anni, di pochi mesi, si sono ricreate attorno e dentro il femminismo le tensioni mascherate tipiche degli ambienti culturali. Cos’è cambiato? Certo qualcosa è cambiato, ma la tensione fra donne rimane poiché l’uomo rimane. Poiché è ancora l’interlocutoreambito, semina rivalità. E non ci sarebbe niente di cui meravigliarsi se, appunto, questo effetto fosse rilevato, ammesso, come un problema da affrontare. La cultura femminile da cos’altro può nascere se non da questo?
Il femminismo è riapparso all’improvviso dopo un lungo silenzio (le cause di questo silenzio, che sono le cause di una sconfitta, mi stanno a cuore, ma non potrei «studiarle» perché sono interessanti, importanti per noi : qualcosa deve avvenire nella mia vita che crei una concomitanza, un motivo personale) e con una messe di intuizioni straripante. Tutte avremmo voluto che si rispondesse alle intuizioni con nuove intuizioni (…)
(*) Ricordo de « I Mandarini », tipica lettura del dopoguerra, una sola frase (cito a memoria): « Qualcosa là in basso si esaltava, si sfogliava, ma io, io mi annoiavo ». Mi sono meravigliata quando ho saputo che Alice Schwarzer, sostenitrice pubblicizzata delle teorie contro il coito, è una sua seguace.