Il sistema capitalista, attraverso processi di egemonizzazione culturale fondati su dualismi e gerarchie – cultura/natura- umano/non umano – uomo/donna – eterosessuale/queer – ragione/emozione – mente/corpo – civilizzato/primitivo –– universale/particolare – se stesso/l’altro – ha relegato nel mondo del non valore tutto ciò che apparentemente non risultava funzionale al suo auto-sostentamento. A partire dalla dicotomia natura/cultura, invisibilità, sfruttamento e sottomissione sono state vissute tanto dalla natura, quanto dalle donne, oltre che da tanti soggetti “altri”, umani e non. Costruire una società economicamente sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, vorrà dire superare questi dualismi e decostruire i valori che gli stessi portano con sé.
Le suggestioni ecofemministe possono contribuire alla costruzione di una miriade di relazioni altre, apportando una visione di genere e oltre il genere rispetto al rapporto umano/natura. La soluzione proposta non è quella di dnaturalizzare la donna bensì di rinaturalizzare l’umanità, attraverso la creazione di un sistema di valori basati sulla consapevolezza della nostra ecodipendenza e interdipendenza. Ciò non potrà che avvenire a partire dalla valorizzazione di modelli economici e sociali che pongano al centro la preservazione della vita, il lavoro riproduttivo, i saperi accumulati da secoli da donne e popoli originari, da sistemi che tutelano i beni comuni, promuovono la solidarietà inter e intra-specie e la presa di decisione collettiva.
– Françoise D’Eaubonne, Ecologie et féminisme. Révolution ou mutation? (1978), Libre & Solidaire, Paris, 2018
Ideatrice negli anni Settanta del termine “ecofemminismo”, D’Eaubonne – che partecipa alla fondazione del Fuori! (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) – intreccia critica al patriarcato, al capitalismo e all’eterosessualità. La sua opera viene ripresa oggi anche in riferimento al movimento della decrescita, quale antecedente della critica allo sviluppo illimitato.
– Carolyn Merchant, La morte della natura. Donne, ecologia e rivoluzione scientifica. Dalla natura come organismo alla natura come macchina, Garzanti, Milano, 1988
E’ durante i primi anni Settanta, anni in cui si inizia a discutere sulla questione della produzione dei saperi, che Carolyn Merchant trova gli stimoli culturali e politici che la portano ad occuparsi della storia della scienza. Nel testo l’autrice indaga l’evolversi dei valori che sottendono la scienza occidentale e come questi siano funzionali al mutamento delle norme sociali. Questo testo non si pone di certo l’obiettivo di ristabilire la natura come madre del genere umano né di rivendicare la riassunzione da parte delle donne del ruolo di nutrici dettato dalla loro identità storica. L’obiettivo che l’autrice si pone è quello di esaminare i valori associati all’immagine della donna e a quelli della natura, in relazione alla formazione del mondo moderno e le loro implicazioni per le nostre vite. Un lavoro prezioso, che ha il merito di riuscire a ricostruire il processo attraverso cui si è formata quella visione del mondo che ha fatto sì che si concettualizzasse la realtà come macchina e non come organismo vivente e che sanzionò il dominio dell’uomo/umanità sulla natura. La “morte della natura” quindi, di una natura intesa come essere vivente, e l’inizio dello sfruttamento accelerato delle risorse umane e naturali in nome della cultura e del progresso.
– Carol J. Adams, Carne da macello. La politica sessuale della carne. Una teoria critica femminista vegetariana (1990) Vanda epublishing, 2020
L’autrice esplora le molteplici forme di oppressione, fondate su sesso, razza e specie, che connotano la nostra cultura e determinano le nostre vite, rendendole visibili e connettendole tra loro. Secondo l’autrice, tanto le donne quanto gli animali non umani nelle società occidentali sono posizionati in una scala gerarchica inferiore rispetto all’uomo, e sono spesso rappresentati in maniera simile: come oggetti invece che soggetti. Riconoscere che il consumo di carne è per gli animali non umani ciò che il razzismo è per la popolazione nera, il sessismo per le donne, l’omofobia per gay e lesbiche, la transfobia per le persone trans, serve a comprendere come tutte queste forme di oppressione non agiscano in modo indipendente l’una dall’altra, ma siano l’espressione di un sistema fondato su gerarchie e rapporti di dominazione
– Vandana Shiva, Maria Mies, Ecofeminism, Zed Books, Londra, 1993
Vandana Shiva e Maria Mies propongono un ecofemminismo che parta dalla messa in discussione dei concetti di proprietà, sviluppo, industrializzazione e crescita. Nel testo, mentre si muove una critica al paradigma sviluppista, capitalista e patriarcale, si cerca di formulare e promuovere un’alternativa: “a subsistence alternative”, un’alternativa fatta di pratiche quotidiane, un’alternativa che le autrici presentano come “un’utopia concreta”. Si esprime la necessità di immaginare un altro modello di società a partire dalla valorizzazione delle esperienze e conoscenze delle donne, in particolare delle donne dei Sud del mondo. Il loro è un invito a tornare a percepirci come parte della Madre Terra. Troncando con i falsi miti legati alla crescita economica, al libero commercio, al consumismo e alla competitività, si vuole immaginare e costruire insieme un “antropocene della democrazia della terra”. Quella che queste due autrici presentano è quindi l’esigenza di promuovere una prospettiva ecofemminista che riconosca la liberazione della donna come parte di un processo di lotta più ampio per la preservazione della vita su questo pianeta.
– Val Plumwood, Feminism and the mastery of nature, Routledge, Oxford, 1993
In Feminism and the mastery of nature Val Plumwood mira a diffondere le potenzialità di un “femminismo ecologico critico”. Un femminismo in grado di estendere l’analisi critica delle categorie di razza, classe e genere, anche a quella di natura. Nel testo l’autrice restituisce con chiarezza i processi attraverso cui la cultura occidentale ha costruito la relazione umano/natura in termini dualistici. L’invito non è quello di abbandonare ogni forma di ragione, scienza e individualità poiché costruite a partire dall’opposizione alla natura non umana, ma quello ridefinire e ricostruire la realtà in termini meno oppositivi e gerarchici. Convinta che la critica della dominazione umana sulla natura renda più completa la nostra critica ad ogni forma di gerarchia, Val Plumwood interpreta il dualismo umano/natura in termini politici: umani e non umani che non hanno potere all’interno del mercato, vengono sopraffatti dallo stesso.
– Ariel Salleh, Ecofeminism as Politics. Nature, Marx and the Postmodern, Zed Books, Londra, 1997
In Ecofeminism as Politics Ariel Salleh esprime il desiderio e l’urgenza di collegare, attraverso un’analisi critica, le teorie femministe, ecologiste, socialiste e post-coloniali. L’autrice trae spunti dalla sociologia, dalle proposte e dalle pratiche dei movimenti sociali e ne integra i contributi con le suggestioni proveniente dai campi d’indagine della filosofia, della psicoanalisi, dell’economia politica e della biologia. Creando ponti fra il materialismo storico e l’ecosocialismo, Salleh sostiene che le donne, come sottoproletario economico, saranno “sorprendentemente in grado di realizzare i cambiamenti sociali necessari per la rivoluzione ecologica”, non appena le stesse, come maggioranza globale, inizieranno a mettere in discussione le strutture produttive esistenti. Ecofeminism as Politics appunta quindi per un ecofemminismo basato sul “materialismo incarnato”, che mira a sovvertire la visione eurocentrica che pone l’uomo al di sopra della donna e della natura. Le esperienze dei “lavoratori/trici meta-industriali”, i cui lavori riproduttivi sostengono le basi materiali della vita, dovranno essere poste al centro del nostro modo di far politica, se vogliamo sovvertire il sistema capitalista.
– Greta Gaard, Toward a Queer Ecofeminism, in Hypatia, 12, 1, 1997
Greta Gaard, attraverso questo breve ma intenso e quanto mai necessario contributo, mira a costruire ponti fra teorie e pratiche ecofemministe e queer. L’autrice nel testo tesse le fila del processo che storicamente, socialmente e culturalmente ha determinato la svalutazione delle donne, della natura e dell’erotismo e la contemporanea valorizzazione dell’uomo, della scienza e della ragione. Così facendo dimostra che, per essere veramente inclusiva, ogni teoria ecofemminista dovrebbe prendere in considerazione le suggestioni provenienti dalla “teoria” queer, così come la “teoria” queer dovrebbe prendere in considerazione le proposte e le analisi ecofemministe. Perché una società libera ed ecologica sarà necessariamente una società che valorizza le diversità sessuali e l’erotismo. Se è vero che il dominio dell’umano sull’umano e dell’uomo sulla donna sono legati al dominio della nostra specie sulle altre e sulla natura, dobbiamo riuscire a decostruire un’immaginario che vede corpi sessualizzati, razzializzati, animalizzati ed eroticizzati come qualcosa di altro, negativo e in virtù del trionfo di una ragione mascolinizzata, cattolicizzata ed eteronormata, resi invisibili se non condannati e repressi.
– Stacy Alaimo, Exposed: Environmental Politics and Pleasures in Posthuman Times, Minneapolis, Londra, 2016
Exposed restituisce pratiche “indisciplinate” di corpi umani e non umani disobbedienti, terreno di incontro fra posizioni ambientaliste e femministe. Teorie, prospettive, testi, opere d’arte, performance e modi di essere prodotti da coloro che non sono stati giudicati “adeguatamente umani”, apportano un contributo inestimabile ai critical animal studies, alle riflessioni sull’antropocene, agli environmental humanities, al post-umanesimo, all’In-Umanesimo e al neomaterialismo. Exposed ci racconta di femminismi e ambientalismi che tessono alleanze produttive e creano nuove possibilità, attraverso l’agire di corpi dissidenti che si riappropriano dello spazio circostante. L’invito è quindi quello di prestare attenzione a quei luoghi di ri-significazione che valorizzano la materialità dei corpi, la sostanza. Qui il piacere diventa centrale perché fluisce fra l’umano, il non-umano e crea connessioni trans-corporali fra persone e ambiente.
– Alicia Puleo, Ecofemminismo para otro mundo posible, Ediciones Cátedra, Madrid, 2014
Alicia Puleo insegna filosofia politica e morale presso l’Università di Valladolid. Promuove un ecofemminismo da lei definito “illuminato”, elaborando una riflessione etico-politica sulle relazioni fra umano e Natura intrisa di suggestioni ed eredità illuministe. Suggerisce un concetto di cittadinanza che abbia a cuore e includa la prospettiva ecologista, animalista e femminista. Per questo propone un ecofemminismo che ponga al centro le rivendicazioni femministe e combatta l’androcentrismo e l’antropocentrismo insiti nella nostra cultura occidentale. In questo lavoro, se da una parte si reinterpretano i paradigmi del pensiero della decrescita alla luce delle rivendicazioni femministe, dall’altra si sottolineano le potenzialità del pensiero ecologico e l’apporto teorico e pratico che questo potrebbe fornire al femminismo. In una prima parte del testo si costruisce una mappatura di quelle che, secondo la filosofa Puleo, sono le principali correnti ecofemministe: essenzialista, costruttivista, materialista e spriritualista Successivamente l’autrice si dedica all’elaborazione di una proposta propria, un ecofeminismo ilustrado, specchio di un pensiero e una prassi che si compromette con una trasformazione sociale.
Su questi temi vedi anche:
Stefania Barca, L’antropocene. Una narrazione politica
F. Giardini, S. Pierallini, F. Tomasello (a cura di), La natura dell’economia. Femminismi, economia politica, ecologia, Deriveapprodi, Roma, 2020