Eulalia Vega, Pioniere e rivoluzionarie. Donne anarchiche in Spagna (1931-1975), Ed. Zero in Condotta , Milano 2017 – di Norma Santi

La parola scritta, la lettura, il libro/oggetto, in quanto atti creativi, avendo da sempre la capacità intramontabile di creare una distanza tra la vita reale ed il suo doppio e proprietà taumaturgiche se vissuti in maniera del tutto inconsapevole, mnemonico e superficiale, in ogni epoca, hanno allontanato la cultura di massa dal sapere critico e dall’acquisire metodi e capacità analitiche. La scarsità di conoscenza poi, a volte, nel corso della breve storia dell’umanità, ha generato maggiore fragilità, paura e incertezza nella crescita e sviluppo in autonomia dell’individuo rendendo fertile il terreno per l’instaurazione e diffusione di sistemi conformisti e metodi propri della cultura autoritaria.

Nell’era digitale, come nel medioevo, le immagini, i suoni e le parole, correndo a flusso costante, stanno rendendo i personaggi narrati o in essi rappresentati o descritti, indistintamente essi siano realmente esistiti oppure fantastici, visivamente ed emotivamente sempre più spesso spogliati di particolare carattere, odore e sapore, a volte stagnanti in discipline intellettuali retoriche diffuse.

Per la necessità di dover far correre tutto a velocità simultanea, con gli strumenti acriticamente acquisiti, i nativi digitali passivi hanno rielaborato una diversa percezione sensoriale del sé, dello spazio e del tempo ed i profili virtuali stanno offrendo, attimo dopo attimo, un’apparentemente aulica facile via di fuga separando ancor di più il corpo del lettore e del narratore dalla memoria della consapevolezza materica.

La vita di Concha, Antonia, Sara, Joaquina e delle Donne Libere, Mujeres Libres, racchiuse in questo libro, attraverso la raccolta di fonti orali e scritte, ha aperto uno squarcio nell’immaginario virtuale, una luce che si è accesa e ci è stata restituita dall’autrice, Eulàlia Vega, come un dono prezioso, perché il racconto della loro vita è stata la ricerca della Libertà e dell’emancipazione in Terra non solo per sé ma per tutte e tutti.

Ribelli al patriarcato dentro e fuori la coppia e la famiglia, insofferenti alla disciplina nelle scuole cattoliche spagnole e sul lavoro, hanno narrato la vitalità e la fame nei quartieri, la solidarietà come mutuo appoggio, la vita al tempo della seconda repubblica del 1931 in Spagna, del sollevamento popolare libertario in risposta al golpe militare del 1936, di donne militanti nell’Agrupación Cultural Femenina di Barcellona, S. Sebastian e Madrid antesignana dell’organizzazione delle Mujeres Libres. Hanno raccontato la creazione della rivista Mujeres Libres, annunciata da Lucia Saornil su Solidaridad Obrera e i loro obiettivi enunciati nell’editoriale del primo numero.

La Libertà è stata narrata come una necessità, frutto della volontà ma anche della crescita intellettuale e culturale dell’umanità e la sua ricerca ed il suo desiderio, soprattutto se proveniente dagli strati sociali ed economici più oppressi e sfruttati, è vissuto come una condizione imprescindibile dal vivere quotidiano.

Le loro biografie, a tratti intersecandosi nel ricordo dell’una per l’altra, hanno reso visibili soggetti che non hanno trovato spazio in altre narrazioni e la loro storia, in queste pagine, non è risolta con una ricerca retorica artificiosa di un generico vivere liberale borghese né viene affrontato come un banale libro/oggetto frutto di un puro esercizio estetico lanciato sul mercato in caduta libera considerando la cultura di massa un bacino informe composto da un pubblico amorfo.

Le protagoniste sono state donne, operaie, adolescenti e bambine, soggetti cresciuti anche in ambienti famigliari libertari, nelle scuole razionali anticlericali, negli atenei libertari e nella scuola Natura della Spagna degli anni trenta del novecento, la cui esistenza, seppur vissuta da ognuna in maniera diversa, non ha mai avuto un attimo di esitazione di fronte alla diseguaglianza di genere e sociale e non ha mai chinato il capo, nella gioia poetica del momento rivoluzionario libertario nella Spagna del 1936 come nella tragedia più estrema al tempo della reazione misogina del fascismo del dittatore Franco, della seconda guerra mondiale, della deportazione, il passaggio della frontiera e dei campi di concentramento in Francia, del nazismo e della cosiddetta sconfitta rivoluzionaria.

Militanti nella FAI, nella Juventudes Libertarias e nella CNT Pura, Conxa, Gracia sono state rivoluzionarie libertarie, donne di azione al fronte, collettiviste nella retroguardia, hanno vissuto l’esilio e la clandestinità, i rastrellamenti dello stalinismo, sono state fucilate, deportate, incarcerate ed internate, anarchiche che non hanno mai perso di vista la rivoluzione sociale costruendo consapevolmente una cultura alternativa a quella patriarcale e statalista operando e lottando per l’emancipazione e l’ autorganizzazione delle donne dal basso per una vera e propria alternativa sociale e libertaria.

“Erano giovani all’avanguardia, educate a essere indipendenti e ad avere idee proprie contrariamente alla maggior parte delle donne di quel periodo. Queste erano cresciute invece per trovare un compagno con il quale formare una famiglia e a loro non erano consentite certe libertà, come quella di rientrare a casa dopo le 22.”

Le protagoniste hanno operato conducendo un’analisi critica di distruzione ma anche di ricerca e costruzione di abitudini e cultura antiautoritaria ed antigerarchica nel vivere quotidiano per sé ma anche per le altre organizzando conferenze sull’importanza dell’indipendenza personale ed economica delle donne come condizione prima e necessaria per uscire dall’oppressione patriarcale, sull’uguaglianza dei salari sui posti di lavoro, sul tema dell’amore e della sessualità, sul metodo contraccettivo Ogino e la maternità consapevole, l’aborto libero, sul libero consenso, sulla prostituzione, sulle unioni libere. Hanno concepito le relazioni di coppia eteronormate in modo libertario, ovvero come ” unioni in cui l’unico vincolo era dato dalla sola volontà dei partner. Non riteneva che lo stato né nessun altro dovesse mettere becco nelle questioni amorose”.

“Vuole far sentire una voce sincera, ferma e disinteressata: la voce della donna; una voce propria, che nasce dalla sua natura più profonda, non suggerita né appresa dai cori teorizzanti. Per questo si cercherà di evitare che la donna, sottomessa ieri alla tirannia della religione, cada oggi sotto un’altra tirannia, che già la sta sfidando e minacciando ai fini delle sue ambizioni: la politica”. (Cultura y documentación social, Mujeres Libres, n. 1, 1936).

Le Mujeres Libres sono state pioniere di quella che negli anni sessanta, 30 anni dopo, è stata la rivoluzione sessuale in Europa.

La storia borghese, seppur breve rispetto alla storia dell’umanità, seguendo un filo lineare visivo aberrante ha la necessità permanente di confermare il suo potere ed il controllo della maggioranza delle persone attraverso la celebrazione dei suoi trionfi nelle guerre di oppressione.

La storia delle oppresse è assai diversa perché è la storia della loro lotta per aprire varchi nel desiderio di giustizia sociale perché le idee non potendo morire, hanno attraversato la storia e la lotta di liberazione dalla schiavitù, dall’autoritarismo, dallo stato, dal controllo, dal dominio, dall’oppressione, dall’ingiustizia sociale ed economica, dal fascismo, dal patriarcato, interessando diverse epoche e generazioni, ha danzato senza un attimo di tregua cavalcando le onde dei mari, in tempesta ed in quiete, accarezzando di volta in volta il loro nascere, defluire e rinascere, seguendo il respiro forte e lieve del vento o della brezza.

Sara, Joaquina, Antonia, Isabel, Concha, Julia, Pura, Aurora, Conxa e Gracia sono state pioniere rivoluzionarie, anarchiche poco note, che non hanno avuto molto tempo di scrivere ma la loro narrazione, i loro sorrisi, il loro affetto attraverso il racconto orale e scritto, è giunto fino a noi , oggi, come il testamento di madri universali alle loro figlie, alle donne ribelli ed alle libertarie dell’avvenire.

Redazione

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