Ilaria Conti – L’uguaglianza di Olympe de Gouge

Vorrei terminare il percorso conseguito, analizzando e descrivendo alcune personalità femminili, le quali hanno fatto la storia del femminismo, e ancora oggi le battaglie non sono esaurite, ma riguardano il piano privato, il rapporto uomo-donna: ‘’gli uomini uccidono ancora le donne’’?; il “mammo” è una pura invenzione.

Ebbene, alle ragazze non farebbe male conoscere la loro storia, perché ciò che sembra del tutto ovvio è costato coraggiose battaglie alle donne, che si sono imbattute in questi conflitti per far emergere i loro diritti, valori e principi in epoche distinte. La donna cui rivolgo la mia attenzione è la figura di Olympe de Gouge.

Questa protagonista a mio avviso, è una donna con la D maiuscola, perché è stata donna che si è esposta come ideatrice da un lato, pensatrice o scrittrice dall’altro, mettendo al centro dei loro saggi, pamphlet, discorsi giuridici, dibattiti e trattati, i propri valori socio-culturali che riguardavano l’uguaglianza di genere. Dunque, sono rimasta affascinata anche dalla potenza di questa personalità, da un punto di vista artistico e letterario, che rappresentano l’emblema della “ letteratura femminista ”. Prima di parlare di loro, vorrei aprire una breve parentesi sul concetto di femminismo ed uguaglianza, ripercorrendo il loro sviluppo nel corso della storia, perché solo da essi possiamo capire come nasce la nostra emancipazione ed evoluzione.

Nel ripercorrere il cammino del femminismo, la prima cosa di cui ci si rende conto è che il femminismo è un movimento difficile da raccontare, in primo luogo perché lo sguardo storico e storiografico, fino a pochi decenni fa, era unicamente quello del maschio, occidentale, bianco di pelle, ed eterosessuale.

Di tutte le minoranze, o, per meglio dire, di tutti gli emarginati, donne comprese, non si conosce la Storia, giacché la narrazione degli eventi non li ha coinvolti.

In secondo luogo, ci accingiamo a fare uno studio di genere, per cui è necessaria una distinzione preliminare, quella fra sesso e genere.

Secondo gli studi scientifici effettuati già dai primi anni ’70 del Novecento, infatti, i due termini vanno distinti, poiché sesso è il termine che si utilizza per indicare l’insieme delle caratteristiche fisiologiche e fisiche di un individuo, il suo corredo genetico, mentre si parla di genere per indicare gli aspetti culturali, sociali, simbolici attraverso cui è stata costruita e rappresentata l’identità.

Ci sono vari momenti nella Storia del genere femminile: per molti secoli non se n’è sentito parlare, ma poi, piano piano, dal XVIII secolo, con il movimento Illuminista, le donne rifanno capolino nella Storia. Si è datato il movimento femminista all’incirca in due ondate: la prima nel XIX secolo incentrata sulla lotta per l’uguaglianza fra uomo e donna, la seconda nel XX secolo incentrata sulla liberazione sessuale, fino

 

ad arrivare al post femminismo che va oltre la dualità maschio/femmina e mette in discussione il concetto stesso di genere. La prima forma del movimento nasce come II femminismo dell’uguaglianza.

Vorrei aggiungere un’introduzione storica, dove presento la struttura ideale, in cui è nato pubblicamente il concetto d’uguaglianza.

Che cos’è l’uguaglianza? E’ un termine cardine della nostra civiltà occidentale, relativamente tardo, il quale emerge in maniera definitiva con la rivoluzione francese con il motto: “ Libertà, Uguaglianza, Fratellanza “.

Nel periodo della rivoluzione francese, la casta era costruita su un assetto aristocratico-feudale veramente gerarchico, che prevedeva al quanto svantaggiata la popolazione francese rispetto all’aristocrazia.

La rivoluzione fu uno dei primi movimenti popolari, in cui la parte trainante sono stati gli uomini e le donne appartenenti al cosiddetto 3° stato, che noi oggi definiamo il ceto medio (commercianti, professionisti, ecc…). Perché si parla di uomini e donne? Perché la rivoluzione francese è stata il primo atto di guerra civile, con barricate e assalti alla Bastiglia, la prigione dove risiedevano i detenuti politici. La marcia sulla Bastiglia fu condotta proprio da un gruppo di donne. Scoppiò la rivoluzione, in breve tempo i nuovi soggetti che si liberarono dal potere aristocratico e feudale stipularono una serie di principi intitolati: “ La Dichiarazione dell’uomo e del cittadino”. E’ necessario notare, che il sostantivo “uomo” e “cittadino” sono ripetuti due volte, perché l’idea è che questi principi riguardassero l’essere umano come tale, poiché il nuovo ordine che si andava a costruire era talmente giusto che rispettava l’umanità di ciascun individuo. Il documento ci dà un’impostazione fondamentale: l’idea che tutti gli individui si rispettassero allo stesso modo gli uni con gli altri, perché ognuno di noi ha diritto al rispetto e ai principi di libertà, sicurezza, libertà di poter parlare liberamente e potersi tutelare fisicamente. La Dichiarazione dell’uomo e del cittadino si apre col diritto alla libertà, il tema peculiare, radicale e centrale della rivoluzione; seguito dal principio del diritto all’uguaglianza. Quest’ultimo pone l’accento, sul modo in cui questi diritti competono ciascun in ugual modo, vale a dire: fine delle gerarchie e non esisteva qualcuno che può fare più cose degli altri. I principi furono concepiti dalla nuova cittadinanza, la quale mise in atto ciò che l’essere umano è per natura e quei diritti che egli merita sin dalla nascita. In realtà, nel retroscena della stesura dello scritto ci sono alcune controversie e problematiche, causati dal fatto che la Dichiarazione fu redatta dalle Assemblee. Esse erano dei luoghi tortuosi, costituite da più funzioni, potevano essere definite una sorta di “ piazze del mercato“, dove si urlava e

 

applaudiva. Questo testo così pulito, limpido, perfetto e delineato emergeva dall’insieme di tante voci e pensieri.

Questo magma d’idee provocò due problemi fondamentali: il primo se fosse opportuno riconoscere come uguali o umani, anche gli abitanti di colore delle colonie francesi oltre oceano. Il dibattito terminò, che era meglio se questi individui non avessero diritto al voto, perché ritenuti su un grado minore d’uguaglianza.

Il secondo problema era che durante il XIX secolo, sorgeva il bisogno di fare dei discorsi sulla condizione femminile, comprendere all’interno del dibattito politico e filosofico, la posizione femminile all’interno della famiglia e della società, ma soprattutto la figura femminile fu ritenuta una presenza scomoda. La causa era perché queste combattenti hanno partecipato e contribuito all’assalto della Bastiglia e in Assemblea scrivevano e prendevano parte ai dibattiti. Quindi, il punto era se dare ad esse il diritto di voto attivo o passivo, cioè eleggere i rappresentanti in Assemblea, ma senza poter essere elette. Questo pensiero fece arrabbiare tutte le donne, ma la figura femminile dominante che prese iniziativa e passò alla storia fu quella di Olympe de Gouges. Il suo vero nome era Marie Gouze.

La vita matrimoniale di Marie durò poco.

Nel novembre del 1776, una grave piena del Tarn provocò delle inondazioni e molte case furono distrutte. Louis Yves Aubry morì per le conseguenze distruzioni, o almeno cosi diranno. Da questo momento Olympe fece della sua autonomia il baluardo da difendere contro tutti e tutte meditando di cambiare nome, estirpando così alla radice ogni passato vincolo d’amore. Così, decise di trasferirsi a Parigi.

Lei diventò Olympe de Gouge: Marie scelse un nome celeste che le ricordava la madre e un cognome che rese incerta e confusa la sua vera origine. Proprio il cognome assomigliava sia a quello del padre ufficiale sia a quello dell’ex datore di lavoro del marito. All’epoca “gouges” era un termine ingiurioso usato per le donne dappoco che si volevano accusare di dissolutezza e di cattivi costumi: esso all’origine significava “ puttana di soldati “. Mentre in linguadoca “ gouge ” significava semplicemente “ serva. ” La scrittrice ha forse voluto di proposito la scelta di usare proprio il significato di serva come cognome in chiave anche ironica.

Con questa identità, la futura redattrice della “ Dichiarazione dei diritti della donna e della Cittadina “, si presentò nei salotti borghesi di Parigi ed era tutt’altro che interessata alla questione femminile che solo in un secondo momento e dopo molti scherni e soprusi, diventò l’oggetto della sua lotta. Nel 1871, L’idealista Olympe de Gouges pubblicò “ La Dichiarazione Dei Diritti Della Donna E Della Cittadina “. La scrittrice definita iniziatrice critica universale, smascherava in qualche modo il fatto

 

che, i diritti promulgati nella “ Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino “ erano principi appartenenti al genere maschile. La Gouges sosteneva che il documento originale mentiva fin dalla prima riga, poiché uomo non significava tutti e tutte noi, ma solo il maschio come tale nel suo genere. La Gouge decise di stipulare e articolare quello che già gli uomini avevano scritto al maschile e non era universale, dandone una forma completamente femminile a quel documento mirabile di quel progresso umano. A questo punto, descrivo gli articoli che mi hanno più colpito.

La Dichiarazione comincia così:

 

Alla Regina.

 

Poco abituata al linguaggio che si tiene davanti ai sovrani, non farò uso dell’adulazione dei Cortigiani per farvi omaggio di questa singolare produzione. […] […] Che un […]nobile lavoro, Signora, vi caratterizzai, ecciti la vostra ambizione, e attiri la vostra attenzione. E’ unicamente compiti di colei che il caso ha elevato a un posto eminente, dare peso allo sviluppo dei Diritti della Donna, e accelerarne il successo. Se voi foste meno istruita, Signora, potrei temere che i vostri interessi personali avessero i sopravvento su quelli del vostro sesso. Voi amate la gloria: pensate, Signora, che i più grandi crimini si immortalano come le più grandi virtù; ma quale differenza di celebrità nei fasti della storia! L’una è continuamente presa come esempio, e l’altra è eternamente la secrezione del genere umano.

Non vi sarà mai imputato alcun crimine se lavorerete alla restaurazione dei costumi, e se darete al vostro sesso tutto il peso che merita. Quest’opera non è il lavoro di un giorno, sfortunatamente per il nuovo regime. Questa rivoluzione si opererà solo quando tutte le donne saranno compensate della loro deplorevole sorte, e dei diritti che hanno perso nella società. Sostenete, Signora, una sì bella causa, difendete questo sesso infelice, e avrete ben presto dalla vostra parte una metà del regno, e almeno il terzo dell’altra.

Ecco, Signora, ecco per quali imprese dovete segnalarvi e usare il vostro credito. Credetemi, Signora, la nostra vita è tanto poca cosa, soprattutto per una Regina, quando questa vita non è abbellita dall’amore dei popoli, e dalle eterne attrattive della generosità…

Sono con il più profondo rispetto, Signora, la vostra umilissima ed obbediente serva.

 

 

 

 

I DIRITTI ELLA DONNA:

 

Uomo, sei capace di essere giusto? E’ una donna che te lo chiede, tu non puoi toglierle anche questo diritto. Dimmi, chi ti ha dato la sovrana autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? I tuoi talenti? Osserva il creatore nella sua saggezza, percorri la natura nella sua vastità, quella natura cui tu vorresti – a quanto sembra – avvicinarti, e indicami, se puoi, il modella del tuo potere tirannico. Risali agli animali, consulta gli

 

elementi, studia i vegetali, getta uno sguardo alle modificazioni della materia organizzata, e arrenditi all’evidenza, visto che te ne offro i mezzi; cerca, scava e, se puoi, distingui i sessi nell’amministrazione della natura: li troverai ovunque fusi insieme, perché ovunque cooperano in un insieme armonioso a questo capolavoro immortale.

Solo l’uomo è riuscito a costruire un principio basandosi su un’eccezione. Bizzarro, cieco, infarcito di scienza, ignorante e degenerato, in questo secolo di lumi e di sagacia l’uomo vuole comandare su un sesso che ha ricevuto le sue stesse facoltà intellettuali; e pretende di godere della Rivoluzione, reclamando i propri diritti all’eguaglianza, senza dire una parola in più.

 

“(…)Questa rivoluzione si opererà solo quando tutte le donne saranno compensate della loro deplorevole sorte, e dei diritti che hanno perso nella società.(…).”

 

Negli articoli della “ Dichiarazione dei diritti della Donna e della Cittadina “, Olympe de Gouge vuole che sia riconosciuta la qualità della donna come cittadina e che siano destinati a lei tutte le libertà civiche al pari degli uomini.

La Dichiarazione è composta da 17 articoli, che possono essere divisi in due parti: i diritti del cittadino (uomo) e della donna da una parte, dall’altra i diritti riferiti alla nazione.

In particolare nei primi dieci si trattava il principio della libertà, dell’uguaglianza e della proprietà privata, mentre nei restanti sette si parlava di sovranità nazionale, diritto di partecipazione alla vita politica pubblica, diritto di rappresentanza e divisione dei poteri statali.

Quella di Olympe era una Dichiarazione che non aveva l’intento di sostituire o modificare la struttura di quella già esistente del 1789, ma si trattava più che altro di un completamento, o meglio di un’apertura più specificata nei confronti della donna.

Indirizzata e dedicata alla donna al tempo più conosciuta e criticata, la regina Maria Antonietta, la Dichiarazione cerca di dare importanza e risalto alle rivendicazioni che le donne chiedono nel clima della Rivoluzione.

La Donna nasce libera e rimane uguale all’uomo nei diritti (…) “.

Olympe iniziò già da subito con l’articolo I° chiedendo all’uomo quale sia stato il fondamento che lo ha nominato essere dominante naturale e legittimo a discapito della donna, e se spronandolo può riconoscere il gentil sesso al suo pari.

L’appartenenza al genere umano si sviluppò nella singolarità del soggetto che si perfeziona nella comunità.

Nell’articolo II° e III° Olympe inserì la donna nel testo nominandola sempre singolarmente, inoltre sottolineò come l’esistenza dei diritti naturali risultassero imprescindibili dall’appartenenza al genere maschile e femminile. Affermava inoltre come la Nazione fosse lo spazio dove si realizzava la sovranità cioè “ la riunione della donna e dell’uomo ”.

 

L’articolo IV° fece una modifica sostanziale a quello originale, affermando come i limiti all’esercizio dei diritti naturali della donna siano dovuti alla “ perpetua tirannia che l’uomo le oppone ”.

Olympe desiderava che la donna avesse gli stessi diritti e che fosse sottoposta alle stesse leggi dell’uomo, facendola sopraelevare rispetto a quella prospettiva maschilista di considerare la donna come capace solo di fare la madre, la moglie e di non saper prendere decisioni.

Estendendo i diritti politici anche alle donne, Olympe scrisse che “ La donna ha il diritto di salire sul patibolo; deve avere anche quello di salire sulla tribuna” (articoli VI° X°). Sempre nell’articolo X: nessuno deve essere molestato per le sue opinioni fondamentali (anche religiose), la donna ha il diritto di salire sul patibolo; deve essere anche quello di salire sulla tribuna; (purché le sue manifestazioni non turbino l’ordine pubblico instaurato dalla Legge).

E’ la citazione più celebre di Olympe. La formula fu ripresa da Sophie de Condorcet che replicò a Napoleone il quale diceva di detestare il fatto che le donne si occupassero di politica: “ in un’epoca in cui le donne muoiono sul patibolo, è naturale che esse vogliano sapere perché.” Si noterà che Olympe ha aggiunto “ fondamentali ” a proposito delle opinioni, in effetti, le opinioni religiose non sono le sole ad essere importanti.

La donna al pari dell’uomo doveva essere giudicata colpevole solo e soltanto dalle leggi, queste ultime a loro volta erano redatte da tutti i membri della società attiva (articolo IX°).

Utilizzando termini del tutto moderni come “pari opportunità”, con i primi dieci articoli si cercava di estendere la possibilità d’accesso alle donne alle cariche politiche pubbliche.

La Dichiarazione di Olympe non era nemmeno estranea nemmeno al sentimento. Infatti, nell’articolo XI° l’aggiunta all’originale oltrepassa totalmente il suo ambito, chiedendo che fossero riconosciuti i figli naturali (“richerche de la paternité”) aggiungendo alla libertà di pensiero, la libertà di amare. Questo comportò una serie di conseguenze che si poterono identificare nella tutela delle madri-nubili e nella responsabilità del padre al mantenimento del figlio naturale. Nella giurisdizione rivoluzionaria questa tutela verrà meno comportando un peggioramento della situazione delle madri che si vedranno costrette ad abortire o ad abbandonare i propri figli.

Il tema delle madri fu un argomento che Olympe portò a cuore nella compilazione degli articoli della Dichiarazione. La sua infanzia dominata dal pensiero di essere una figlia “ bastarda ” tornò nuovamente nei suoi scritti.

Chiese che ognuno fosse libero di amare e che tutti potessero riconoscere i figli nati al di fuori del matrimonio religioso.

Articolo XII: la garanzia dei diritti della donna e della cittadina (dell’uomo e del cittadino), aveva bisogno di una maggiore utilità; questa garanzia doveva essere

 

(forza pubblica; questa forza è dunque) istituita per il vantaggio di tutti e non per l’utilità particolare di colei (colui) a cui essa è stata affidata.

L’articolo è solo messo al femminile, con un cambio di verbi: “ dovere ” invece di “è”. Olympe pensa che il risultato ancora non sia stato raggiunto.

Nell’articolo XIII° si nota la “rivoluzione” più significativa della Dichiarazione. Olympe esigeva che le donne svolgessero gli stesi lavori degli uomini, cosa impensabile all’epoca. Ma, effettivamente, per avere la possibilità di esprimersi sul piano politico, bisognava pagare le stesse imposte, dunque ricevere un salario uguale e non sfuggire ai lavori penosi.

Nell’ articolo XVI° ribadiva che “[…] la Costituzione è nulla se la maggioranza degli individui che compongono la Nazione non ha collaborato alla sua elaborazione ”. Qui Olympe precisava che le donne elaborassero la Costituzione allo stesso titolo degli uomini. In conclusione nell’articolo XVII: dato che la proprietà è un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato. “ Le proprietà appartengono a tutti i sessi riuniti o separati; esse sono per ciascuno un

diritto inviolabile e sacro; nessuno può esserne privato come vero patrimonio della natura, salvo quando la necessità pubblica, legalmente constata, lo esiga in maniera evidente, e a condizione di una giusta e preliminare indennità.

 

Donna svegliati; la campana della ragione si fa sentire in tutto l’universo, riconosci i tuoi diritti.”

 

 

Olympe chiuse la sua Dichiarazione con una postfazione spronando la donna ad uscire dalla sua condizione e a lottare per un’uguaglianza senza distinzione di sesso. In seguito Olympe de Gouges aggiunse un commento appassionato nella postfazione, “Forme du contract social de l’Homme et de la Femme” lei auspicava, per il futuro, un’equa ripartizione del patrimonio familiare, il quale doveva appartenere ad entrambi i coniugi e poter essere lasciato in eredità ai figli, tanto legittimi che illegittimi.

Inoltre, a suo avviso, i figli dovevano poter scegliere fra il cognome del padre e della madre. Desiderava non solo la trasmissione materiale dei beni, ma anche quella simbolica del nome, evitando così la perdita della discendenza femminile, che per secoli si è consumata sull’asse ereditario.

All’inizio della Rivoluzione, la rivolta del popolo si manifestava attraverso diversi fattori che secondo un criterio d’ordine sociale potevano essere identificati nel fattore politico ed economico, facendo delle donne parte integrante e attiva.

L’azione di classe femminile a sua volta si specificava in tre gruppi d’appartenenza che comprendevano: le militanti marcanti, le militanti di base e le masse popolari costituite da sole donne.

Le prime si differenziavano dalle altre soprattutto per la loro cultura politica; spesso

 

partecipavano anche alle Assemblee rivoluzionarie, ma rimanevano sempre la componente minore del movimento risultando non un gruppo, ma singole donne che si affacciavano alla politica.

Le militanti di base erano quelle donne che correvano insieme ai patrioti nelle strade, dove non c’era molta distinzione di sesso, ma di partecipazione alla causa insurrezionale.

Erano molte le donne del popolo che protestavano, non tanto per i motivi rivoluzionari, ma più che altro per il raggiungimento di condizioni di vita migliori. Olympe de Gouges faceva parte del gruppo delle militanti marcanti e insieme a loro lottava per reprimere l’oppressione del governo che assoggettava soprattutto le classi sociali più svantaggiate, come lo erano le donne e le persone di colore.

La Gouges credeva, che la reciprocità tra i due sessi nello stabilire il bene comune risiedeva nel discorso e nella dialettica politica.

Secondo Olympe, un popolo era oppresso nel momento in cui veniva privato delle libertà naturali e sottomesso alle dipendenze di un terzo; la libertà del popolo derivava dal fatto che ognuno potesse essere titolare del diritto di assoggettare l’altro.

Cosa che non capì mai Olympe fu che, il motivo principale della Rivoluzione era quello di sconfiggere il sistema aristocratico da parte dei componenti del Terzo Stato, confondendola con la lotta di classe e la causa femminile.

L’autrice della “ Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina “ non criticherà l’organizzazione dell’Assemblea Nazionale costituita sul suffragio censitario, che fa una distinzione tra cittadini attivi e passivi, ma condanna la posizione che assume la Costituente e poi dalla Legislativa e dalla Convenzione nei confronti della donna.

Negli anni della Rivoluzione il governo accettò le prime organizzazioni femminili e le società fraterne di entrambi i sessi, dove si riunivano i cosiddetti cittadini passivi e le donne per discutere dei loro problemi.

A differenza dei grandi centri, nelle province i gruppi femminili si occupavano di attività destinate direttamente al gentil sesso come l’istruzione e l’educazione civica, l’insegnamento di lavori artigianali, e l’assistenza ai malati, tralasciando il ruolo di cittadina attiva in politica, che la donna aveva assunto in particolare nella capitale.

Il termine francese “ citoyenne “ per certi versi potrebbe avere un duplice significato, se si considerava che le donne militanti lo definissero a proposito della capacità giuridica di contribuire alla formazione del governo mediante il suffragio e la rappresentazione attiva politica. Dal punto di vista dell’uomo rivoluzionario, citoyenne, rappresentava la donna per quello che era il suo ruolo accanto all’uomo, facendo una netta distinzione tra la sfera pubblica destinata al maschio e quella privata riservata all’uomo.

 

Questa separazione dei ruoli si fondava sul pensiero maschilista del tempo, che lasciava alla donna solo il ruolo della sua natura di essere madre e moglie dedita all’uomo.

Così, il compito principale della donna durante gli anni della Rivoluzione fu quello di prendersi cura del proprio marito confortandolo, e di prendersi cura dei figli in assenza del padre impegnato nella lotta rivoluzionaria.

La visione maschilista dell’uomo sulla condizione della donna e sulla sua partecipazione alla sfera pubblica fece sì che questo divenne il motivo principale che le donne rivendicarono. Come l’uomo, anche le donne volevano contribuire con la loro volontà nelle decisioni politiche, volevano anche prendere parte alla guerra contro gli austriaci arruolandosi come soldate.

Vigeva nelle menti dell’uomo ancora il mito giudaico-cristiano, che vedeva la prima donna Eva come portatrice di male fonte di distruzione, in contrasto con il benessere dell’essere umano. La lotta e la causa delle donne agli occhi del governo francese risultò essere un ulteriore elemento destabilizzante, che doveva affrontare insieme a tutti i movimenti rivoluzionari e del clero volti a eliminare l’aristocrazia dallo Stato.

In definitiva le donne, chiuse nelle proprie abitazioni, non potevano partecipare alla vita politica però potevano essere punite nel momento in cui compivano eventuali crimini in quanto “esseri” appartenenti al popolo.

Il malcontento femminile cresceva nel momento in cui il 10 agosto del 1792 venne proclamato il suffragio universale che, nonostante fosse stato voluto fortemente da loro non conferirà alle donne nessun diritto di voto.

Nel 1792 la “Dichiarazione della patria in pericolo” riaccenderà la speranza femminile nella sfera politica, dimostrando tutta la loro dedizione alla Repubblica contro tutti i moti anti-rivoluzionari. Le donne si riunirono in associazioni come il club delle cittadine repubblicane, ma il loro desiderio venne prontamente fermato dall’ascesa al potere con il colpo di stato del 2 giugno del 1793 da parte della “ Montagna ”. Questo governo non darà la possibilità di un’apertura democratica alle donne, anche se la Costituzione confermava il contrario con l’introduzione del suffragio universale.

Inoltre il governo rivoluzionario era diffidente nei confronti delle organizzazioni femminili ritenendole pericolose; perciò andavano soppresse.

Questo fu confermato con il decreto del 20 ottobre del 1973 che non lasciò nessuno spazio a qualsiasi rivendicazione femminile abbandonandole al proprio destino, recluse da ogni attività pubblica.

Come può in questo contesto, la dichiarazione di Olympe de Gouges influenzare il parere pubblico ed avere un peso nella sfera politica di quel tempo, risultando persino troppo prematura, avrà modo di essere recepita solo secoli più tardi.

Bisogna fare notare com’è stato difficile comprendere il ruolo da parte delle donne durante gli anni della Rivoluzione, che non sono riuscite a fare un’ opposizione al

 

predomino maschile.

Per tutto il periodo rivoluzionario si sono battute per le proprie rivendicazioni fianco a fianco proprio con gli uomini, e sarebbe quasi di dovere riconoscere alle donne un’uguaglianza sostanziale nei diritti e nei doveri al pari dell’uomo. Ma le donne non si arrenderanno a rimanere lontane dalla vita politica, partecipando allo stesso modo alle assemblee di quartiere, discutendo nei caffè di Parigi, e non si perderanno nemmeno un comizio pubblico.

Una volta concluso il periodo del Terrore e morto Robespierre, la rivolta delle donne si frena come anche diminuiranno il resto dei movimenti rivoluzionari. Con l’arrivo di Napoleone al potere e l’introduzione nel 1804 del codice civile vengono represse molte delle conquiste ottenute dalle donne in tempo di Rivoluzione. Anche se di stampo liberale, il nuovo codice non sarà lo stesso per il sesso femminile. La donna tornerà sotto la custodia del proprio marito e non del padre; l’uomo sarà il punto di riferimento per la vita della donna che dovrà attenersi a ciò che gli viene impartito dal maschio capo famiglia. Il codice inoltre legittimerà la violenza del marito verso la sua donna intesa come proprietà, e non le darà la possibilità di succedere nell’eredità, cosa possibile solo ai figli maschi.

Oggetto del lavoro svolto nella mia relazione è la questione femminile negli

anni della Rivoluzione Francese .In particolare ho analizzato la vita e l’opera di colei che osò scrivere e pubblicare, nel 1791, una Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina, costandole anche la morte: Olympe de Gouges.

Rimane tuttavia un personaggio poco conosciuto dalla nazione francese, alla quale come lei ha affermato “ aver lasciato il suo cuore “. Le sue rivendicazioni ancora attuali nel XXI° secolo, faranno da scenografia delle sue opere teatrali, e grazie a queste Olympe iniziò a farsi conoscere al popolo francese.

Anche le donne, che le devono tanto, per la maggior parte la ignorano. Olympe aveva capito che le sue consorelle erano in parte responsabili della loro infelicità, e che se avessero avuto il coraggio di unirsi e di adoperarsi a modificare la loro immagine per se stesse, avrebbero potuto diventare grandi. Lei mobilitò le proprie attenzioni specialmente contro tutti gli eccessi e le violenze. Rivoluzionaria, cortigiana, di umili origini, ha creduto fino alla fine diffondendo e difendendo i suoi ideali di uguaglianza tra l’uomo e la donna. Volle difendere il re durante il processo e intercedere a favore di un uomo che pure non desiderava mantenere al potere.

Attaccò Robespiere e qualsiasi forma di dispotismo o tirannia che oggi chiameremo totalitarismo, dittatura o addirittura integralismo.

Non minimizzò affatto, il potere ambiguo delle donne soprattutto la generosità delle cortigiane intriganti. Invocava l’avvento di una donna nuova che avrebbe rinunciato alla cupidigia, all’ambizione e all’amministrazione notturna degli uomini, per riconoscersi degna del suo compagno e dei vantaggi conquistati nella lotta contro tutte le forme di oppressione. Lei stessa prendeva la sua vita di gioventù con

 

umorismo, ricordando le sue arti di seduzione e le sue interminabili toilettes per diventare più carina.

Mi sono sforzata di ricostruire la figura di Olympe de Gouge inserendola nella sua epoca, particolarmente movimentata, e di sottolineare ciò che fa di lei, sul piano letterario, politico e psicologico, una donna davvero moderna. Nonostante ciò, lei non occupa il posto che le spetta. Nella “Storia e dizionario della Rivoluzione Francese” di Tulard, Fierro e Jean Fayard, Olympe de Gouges è menzionata unicamente come autrice di opere di teatro. Alcuni autori come Thiers, Lamartine e Blanc la menzionano all’interno dei propri testi come una ” folle ” degli anni rivoluzionari.

In quest’inizio di XXI secolo, Olympe de Gouges può ancora essere considerata come la pioniera e profetessa di molte rivendicazioni e posizioni prese dal movimento femminista dei secoli successivi alla sua morte. Reclamò l’istruzione per le ragazze, la fine dei matrimoni imposti e dei voti forzati e il divorzio. Compose un contratto sociale fra l’uomo e la donna, e parlava di uguaglianza basata sulla sovranità universale costituita dall’unione dell’uomo e della donna. Rifiutando di evadere, morì sul patibolo all’età di quarantacinque anni da eroina, dando un ultimo sguardo allo specchio, per assicurarsi che il suo bellissimo volto non l’avrebbe tradita.

E’ da pochi anni che con la commemorazione dei duecento anni della rivoluzione francese che la figura di Olympe de Gouges torna ad essere considerata e a suscitare interesse. Il successivo scopo di questo mio lavoro è proprio quello di rivalutare una figura dimenticata di quegli anni e dare il posto che merita, ricordando ciò che Olympe gridava a gran voce seguendo proprio i principi fondamentali della Rivoluzione francese: libertà, uguaglianza e fraternità.

Analizzando le varie fonti per la stesura della relazione, ho potuto constatare come la figura di Olympe de Gouges fosse non solo stata dimenticata, ma fino agli studi di Olivier Blanc la sua persona veniva identificata come una “pazza”, una cortigiana che voleva mettersi in mostra e una scrittrice fallita.

Con questo lavoro ho cercato di mettere in luce l’inizio di anni di lotte femminili che porteranno solo due secoli dopo alla Dichiarazione universale dei Diritti della persona del 1948.

Quello che si evince è che Olympe de Gouges potrebbe essere anche considerata come la figura che mette fine all’Ancien Régime, l’elemento transitorio che porterà poi ad una serie di lotte vinte da parte delle donne.

Olympe è diventata un punto centrale nella storia della questione femminile, perché lei ha saputo per prima mettere in pratica ciò che ha messo per iscritto nella Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina, ironizzando e tingendo di “rosa” quella più celebre dell’uomo e del cittadino del 1789. Con questa opera opere leidimostra che si la società è formata da l’uomo e la donna, ma che la figura di quest’ultima non deve essere solo sottintesa nelle dichiarazioni o confinata in clausole chiaramente discriminatorie.

 

Contro ogni forma di oppressione, Olympe ha cercato attraverso le sue opere e i suoi volantini di inculcare nella mente del popolo ma soprattutto delle donne, idee democratiche, di solidarietà e di uguaglianza. C’è da sottolineare come ella abbia iniziato la sua attività partendo proprio dalla sua vita che la influenzerà per tutto il suo cammino fino al patibolo. Olympe agisce in difesa dei più deboli, degli emarginati, delle vedove, degli orfani e persino dei neri attraverso il suo modo di fare, i suoi comizi e in particolare le sue opere. Nonostante lei rimanga un’eroina solo per pochi conoscitori il suo operato e la sua figura saranno ricordate per la sua visione moderna della parità dei diritti, inconciliabile con il Terrore rivoluzionario. Ma come si può rispolverare e ricordare tutto il suo patrimonio in tutte le sue particolarità? Magari non dimenticando le sue parole rivalutandole ancora oggi, perché ancora attuali nella nostra società a distanza di due secoli. Come possono tutte queste idee nascere dallo spirito di una donna “ ignorante ”? E proprio il diritto di partecipazione da parte delle donne al potere e alla vita politica è stato uno dei fattori che hanno caratterizzato l’intera esistenza di Olympe. Lei affermava che se “la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve essere anche quello di salire sulla tribuna”.

Dal suo articolo della Dichiarazione fino a giorni nostri sono stati tanti i passi che hanno condotto le donne a tutto quello che Olympe ha cercato di far capire, per altro spesso invano, al suo popolo.

In conclusione ringrazio la professoressa Federica Giardini e la curatrice Federica Castelli complimentandomi per l’interessante lavoro svolto, con passione ed efficienza.

Redazione

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