Ho preso degli appunti con alcune mie riflessioni a seguito del pomeriggio a casa di Federica Giardini.
Dunque, per facilitare la comprensione, da parte mia, ho individuato dei filoni lungo i quali si sono mossi dialoghi e racconti, che sono stati essenzialmente tre, con tutte le coloriture e le estensioni che sono seguite. In questa prima riflessione, ho messo giù alcuni pensieri che discendono da un discorso che avrei voluto approfondire a partire dal terzo punto. Sono pensieri in cammino e l’organizzazione del discorso in questo modo viene da una mia ricerca di chiarezza.
Ecco come ho individuato i filoni di discorso.
- Un vasto filone che verteva su una sorta di indagine sulle relazioni uomo-donna, inserite nel campo sociale (e qui ci sono famiglia, amicizie, relazioni di coppia e rapporti professionali).
- Un altro che andava ad interrogarsi sul rispecchiamento o meno dal punto di vista giuridico di un dato habitus mentale e come il diritto giuridico corrisponda o no ad un effettivo diritto di uguaglianza che da uno stato civile, in ogni caso, si esige.
- L’altro ha toccato la dimensione della corporeità e quindi, della efficacia comunicativa ed espressiva di ciò che è il gesto, il non verbale e che può (e deve) comportare anche l’espressione dell’aggressività.
Il terzo punto, il tema della corporeità come identificazione della persona nella sua unicità è quasi il mio tema prediletto, avendo io una lunga storia legata alla ricerca artistica, espressiva ed educativa attraverso la danza contemporanea e il movimento.
La fondazione di ogni discorso non può che aver origine da questa consapevolezza, che costringe ad un ragionamento complesso su ciò che è la realtà del corpo femminile col suo essere (prima) natura e specie. Una condizione questa che complica il percorso di consapevolezza di un ‘corpo proprio’, un bellissimo percorso che deve liberare da tutti gli stereotipi e dalle etichette che di volta in volta vengono incollate sul corpo femminile.
La mia riflessione attuale verte sul tema della unicità della persona, persona che non posso identificare ontologicamente se non con un “sistema persona” che rimanda ad una complessità che si deve esplorare attraversando diversi piani gnoseologicamente distinti ma intrecciati.
L’essere donna in questa lettura, comprende la femminilità come uno dei piani che interseca gli altri, ma che può anche non essere dominante; proprio perché le diversità, come tutte le diversità degli esseri umani, sono elementi identificativi che non devono significare maggiore o minore importanza relativamente ad una scala di valori, o magari una marcatura escludente il resto delle caratteristiche della persona.
Le minoranze, gli esseri più deboli, sono stati in passato gli interlocutori ideali del femminismo che ha perseguito una politica di inclusione che tuttavia consentisse alle diversità di continuare a vivere all’interno del sociale e del politico, e non ad essere assimilate fino a sparire.
La ricchezza della diversità, è ciò che deve essere salvaguardato e valorizzato ed è quello che è in gioco quando si lotta per la propria affermazione in una società che tende a fagocitare e ad assimilare, secondo i modelli della società capitalistica.
Non vorrei sembrare una nostalgica, ma Marx ci ha dato degli strumenti che forse non abbiamo mai saputo veramente usare, quando ha analizzato il modo di affermarsi del capitalismo e ha descritto il sistema di mercificazione. Se gli oggetti sono diventati i soggetti predominanti della nostra realtà, feticci che procedono privi di controllo, come tutti gli oggetti sociali che sembrano oramai autonomi e ci dominano, invece di essere semplicemente ciò che sono e cioè creazioni degli esseri umani(vedi spread, azioni, etc.); se il modo in cui il capitalismo ha informato le nostre menti, ci ha alienato dal nostro stesso essere uomini e donne con un valore ontologico trascendente una mera riproduzione dei rapporti di potere; riguardo il corpo femminile, come possiamo stupirci che quello con cui gli uomini pensano di avere a che fare non è il corpo di una persona, ma un feticcio da conquistare o distruggere perché da questo può dipendere l’affermazione della propria esistenza? ( che può diventare un comportamento compulsivo, in quanto un singolo atto appaga per un tempo limitato a meno che non sia definitivo…).