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E’ il 1899 quando l’egiziano Qasim Amin pubblica “La liberazione della donna”, destinato a diventare un testo di riferimento per le studiose e le attiviste che negli anni della Nahdah, la rinascita culturale e sociale del Medio Oriente , davano inizio ad un cammino verso la libertà.
Il discorso sull’emancipazione femminile si inserisce in quel periodo in una più generale ondata di rivendicazioni universaliste di diritti civili, politici, economici e sociali, in molti casi legate alle lotte per l’indipendenza contro il colonialismo.
Sin dall’inizio del Novecento donne come Hoda Shaarawi, Dorya Shafiq e più tardi Latifa al Zayyat e Nawal al Saadawi hanno scritto la storia del femminismo arabo contribuendo alla nascita di movimenti che se da una parte si inscrivevano nella grande tradizione del femminismo secolare, dall’altra avviavano battaglie autonome rispetto al femminismo occidentale, dal quale erano tuttavia influenzate.
Negli ultimi venti anni il discorso femminista sull’islam ha assunto un nuovo slancio: la lotta contro ogni forma di discriminazione all’interno della società civile si è intrecciata con una rinnovata esigenza di agire la soggettività femminile all’interno della cornice religiosa.
Assistiamo alla nascita di un fenomeno che trascende le categorie di Oriente e Occidente per collocarsi nell’ambito del glocale: è il femminismo islamico.
Circola nel cyberspazio, parla inglese, oltre a numerose lingue locali, promuove una visione egualitaria dei generi e professa una fiducia assoluta nella compatibilità tra islam e pensiero critico femminile.
E alla domanda che anima il dibattito contemporaneo, “Si può essere musulmane e femministe?” risponde, con profonda convinzione, affermativamente.
Ruba Salih
Musulmane rivelate. Donne, islam, modernità
Carocci, 2008
In Musulmane rivelate la ricerca storica, dal periodo preislamico al confinamento delle donne sotto la dinastia Abbaside passando per la “Golden Age”, ovvero l’epoca d’oro del profeta Maometto, introduce il dibattito moderno sulla condizione femminile in Medio Oriente incentrato in larga parte sulla reinterpretazione dei testi sacri, il Corano e gli Hadith, ad opera di numerose studiose musulmane.
I movimenti delle donne nel mondo arabo, profondamente eterogenei nelle pratiche e nei discorsi, operando una rilettura dell’Islam che affermi la compatibilità tra fede religiosa e uguaglianza tra i generi come presupposto alla realizzazione di uno stato moderno, contemporaneamente prendono le distanze dal femminismo laico e occidentale, storicamente inserito all’interno dell’approccio etnocentrico con il quale alcune correnti del pensiero europeo hanno per lungo tempo guardato ad altre esperienze di emancipazione e libertà.
Lo sguardo universalista che si è posato ad Est è stato quello di un soggetto occidentale ma anche di un soggetto maschile, che ha fatto dell’Oriente una costruzione antitetica sul piano sessuale oltre che culturale.
La questione femminile è per questa ragione divenuta il fulcro dell’incontro-scontro tra due mondi.
Le donne e la famiglia, unità-base nelle società mediorientali, hanno incarnato, in modo molto problematico, un’area di resistenza culturale e insieme l’ultimo inviolabile simbolo depositario dell’identità musulmana.
Le politiche istituite in paesi quali Iran, Turchia, Marocco e Palestina dimostrano come è sul corpo femminile che si è cercato di inscrivere progetti di contromodernità o modernità alternative: le donne musulmane tuttavia, nel proprio paese così come in diaspora, non hanno subito passivamente i ruoli imposti loro ma hanno costantemente rinegoziato la loro posizione nel tentativo di mettere in discussione l’universalità delle categorie emancipazione/oppressione, visibilità/invisibilità, laicità/religiosità, pubblico/privato.
Renata Pepicelli
Femminismo islamico. Corano, diritti, riforme
Carocci, 2010
In contrapposizione alla narrazione occidentale di un Oriente monolitico Renata Pepicelli racconta il femminismo islamico, la cui storia è pressoché sconosciuta in Occidente, come un movimento eterogeneo e plurale, che mira alla liberazione delle donne non dalla ma nella religione islamica, ricusando gli stereotipi che vedono nell’Islam la principale causa della subordinazione femminile.
E’ il rifiuto di un’interpretazione misogina della shari’a e la convinzione che il messaggio di giustizia di genere sia alla base del pensiero islamico fin dalle sue origini a muovere i lavori di studiose come
Riffat Hassan,
Amina Wadud,
Laleh Bakhtiar,
Asma Barlas,
Fatema Mernissi e
Asma Lamrabet, le quali, servendosi dell’ ijtihad, la ricerca indipendente sulle fonti religiose e del tafsir, l’esegesi del Corano, condannano l’occultamento del ruolo svolto dalle donne nella storia e mirano ad una ridefinizione del soggetto femminile all’interno della cornice islamica.
L’attenzione dell’autrice si rivolge infine al crescente attivismo femminile all’interno dei movimenti di militanza islamica, forze che si oppongono ai regimi autoritari attraverso la lotta armata o al contrario dichiarandosi non violenti.
Le islamiste, prendendo le distanze dalle femministe islamiche, delle quali criticano la rilettura progressista del Corano, pur restando fedeli ad una interpretazione tradizionale dell’Islam innescano una dinamica di cambiamento sociale promuovendo l’ingresso delle donne nello spazio pubblico e la crescita della presenza femminile in posizioni di leadership, presupposti all’edificazione di una società giusta.
Teologhe, musulmane, femministe
Effata’ Editrice, 2009
Jolanda Guardi e Renata Bedendo nell’intento di creare uno spazio di visibilità alla teologia femminista musulmana, ci mostrano come allontanarsi da un’interpretazione rigidamente univoca e cristallizzata del Corano per considerare l’lslam da un’altra prospettiva è possibile.
Per farlo bisogna guardare l’Oriente con occhi di donna.
La persistenza di una interpretazione dell’Islam androcentrica ha messo a tacere per secoli le voci di quante rivendicavano una giustizia di genere senza necessariamente dover prendere le distanze dai precetti della religione islamica.
Tra i conservatori che appoggiano una lettura di tipo patriarcale e i progressisti che ritengono ci si debba allontanare dai testi sacri per avviare una riforma della società in senso laico, si situano oggi le teologhe del titolo, donne credenti che hanno “riaperto la porta al ragionamento indipendente” e attraverso l’analisi testuale e lo studio filologico delle fonti rompono il monopolio maschile in ambito teologico.
La loro opera mira alla realizzazione di un sistema di genere più equo dal quale possano scaturire nuove proposte giuridiche legate all’applicazione della shari’a, in particolare per quanto concerne il diritto di famiglia.
Una puntuale rilettura di alcune figure femminili del Corano operata in senso comparativo e un’appendice con le interviste alle più autorevoli teologhe musulmane completano il volume e danno conto del work in progress sull’argomento.
Anna Vanzan
Le donne di Allah. Viaggio nei femminismi islamici
Bruno Mondadori, 2010