di Chiara Cremaschi
La casa dove vive Camilla appartiene alla sua famiglia dal 1954. Sono trascorsi più di due secoli umani. Camilla si è immaginata tante volte quell’uomo, un suo antenato, mentre sceglie la casa e il terreno, o percorre la strada nel bosco con il suo cane dal pelo lungo e arrotolato. Il cane si chiamava Esaù. Lei lo sa perché da allora tutti i cani della famiglia si sono sempre chiamati così. Anche il suo si chiama così, il cane che è suo compagno e fratello dalla nascita.
È un nome antichissimo, che significa peloso e ruvido.
Proprio come sono stati tutti gli Esaù.
Nella casa, sono conservati antichi oggetti, come le fotografie. Ma Camilla non ha bisogno di quelle immagini per ricordare le storie di chi è vissuto lì, perché lei sa che tutti loro ci sono ancora. Sa che sono lì e si proteggono, gli uni e gli altri, tanto quanto lei e Esaù e i ragni nelle stanze e le talpe nel prato intorno e i merli e i tordi che si appoggiano al pino di fronte alla sua finestra.
Sa che chi vive nella casa conosce tutte le storie del passato e del presente. Tutte le storie della Valle.
La Valle ne ha tante, di storie, antiche e nuove. A Camilla piace la storia della montagna più alta, la Presolana, e le piace la storia di un’altra antenata, che nella Valle si era nascosta per sfuggire a delle leggi che la dichiaravano diversa e, a causa di questo, da imprigionare e uccidere con il gas. Le piacciono le storie delle donne che tessevano nei villaggi più in alto nella montagna, ma anche di quelle che sono scese a fondo valle per lavorare nelle fabbriche e continuare a tessere.
Le piacciono le storie dei boschi, di chi si è perso e di chi è tornato, e con l’aiuto di chi.
Le piacciono i racconti delle stagioni, perché ora non è più così, ora un giorno nevica forte e dopo pochi giorni già il sole è caldo.
Ci sono dei racconti però, che vengono celebrati ogni anno. Sono quelli che ricordano l’inizio della Grande Malattia che ha cambiato la Valle.
Nei giorni di fine febbraio e inizio marzo, la Valle intera si mette in ascolto e in racconto, perché in quei giorni, nel lontano 2020, tutto è cambiato.
Chi ricomincia a raccontare, racconta la paura degli altri umani, i vivi, chiusi nelle case, i corpi distanti anche nelle stanze comuni.
Il racconto della Valle nasce allora dalla paura ma va più lontano, perché è in quei giorni che si sono poste la basi del cambiamento: la Valle non era più controllata dai soliti umani, che erano rinchiusi, spaventati, ammalati. E così, altri viventi avevano preso respiro e spazi.
Qualche umano aveva deciso di uscire. Erano stati quelli che facevano i lavori considerati inutili: cantastorie, saltimbanchi, giullari. Erano usciti dalle loro case e avevano portato cibo, medicine, parole a chi non voleva o non poteva aprire la porta.
Qualche cane, che aveva sempre fatto il pastore, aveva scelto di stare davanti alle case: da lì, poteva sentire i respiri degli umani all’interno, avvisare gli altri se qualcuno peggiorava o era triste. Qualche pianta si era avventurata dove da tempo non le era più concesso.
Qualcun altro si era avventurato più vicino al villaggio: camosci, stambecchi, l’aquila reale …
Il racconto è lungo giorni e giorni perché non ha fine, perché non è finito.
Camilla si siede sotto il suo pino e ascolta e racconta. Tutti gli anni, nei giorni di fine febbraio e inizio marzo.
Dorga, frazione di Castione della Presolana, 2 marzo 2021.