da la Città futura, marzo 2015
Il tema della corporeità come identificazione della persona nella sua unicità è quasi il mio tema prediletto, per la mia esperienza nella ricerca artistica, espressiva e formativa attraverso la danza contemporanea e il movimento, ed una formazione sportiva come nuotatrice.
Mi rendo conto però che questa individuazione, che a me viene spontanea, non è cosi evidente per la maggior parte delle persone.
Credo che la fondazione di ogni discorso sulla questione della differenza, non può che avere origine da questo tipo di consapevolezza, che costringe ad un ragionamento complesso sulla realtà del corpo femminile nel suo essere (prima) natura e specie, poi manifestazione di sé.
Questa condizione complica il percorso per arrivare alla consapevolezza del corpo come “corpo proprio”; un bellissimo percorso c’è da fare per arrivare a liberarci da tutti gli stereotipi e dalle etichette che di volta in volta, di moda in moda, vengono incollate sul corpo femminile.
La mia riflessione attuale verte sul tema della unicità della persona, persona che non posso identificare ontologicamente se non con un “sistema persona” che rimanda ad una complessità che si deve esplorare attraversando diversi piani gnoseologicamente distinti ma intrecciati.
L’essere donna, in questa lettura, comprende la femminilità come uno dei piani che interseca gli altri, ma che può anche non essere dominante; proprio perché le diversità delle caratteristiche, in quanto peculiarità degli esseri umani, sono elementi identificativi che non devono significare maggiore o minore importanza relativamente ad una scala di valori, o magari una marcatura escludente il resto delle caratteristiche della persona.
In passato, le minoranze e gli esseri più deboli sono stati gli interlocutori ideali del femminismo che ha perseguito una politica di inclusione che consentisse però alle diversità di continuare a vivere all’interno del sociale e del politico, e non ad essere assimilate fino a sparire.
La ricchezza delle diversità è ciò che deve essere salvaguardato e valorizzato ed è quello che è in gioco quando si lotta per la propria affermazione di persona, essere umano unico, in una società che tende a fagocitare e ad assimilare, secondo i modelli della società capitalistica del Pensiero unico che prescrive “come bisogna essere”.
Marx ci ha dato degli strumenti per comprendere e agire in questa società, quando ha analizzato il modo di affermarsi del capitalismo e ha descritto il sistema di mercificazione. Se gli oggetti sono diventati i soggetti predominanti della nostra realtà, feticci che procedono privi di controllo, come lo sono diventati tutti gli oggetti sociali che sembrano oramai autonomi e ci dominano, invece di essere semplicemente ciò che sono e cioè creazioni degli esseri umani (vedi spread, azioni, etc.); se il modo in cui il capitalismo ha informato le menti della maggioranza, ha alienato le persone dalla possibilità di essere uomini e donne con un valore ontologico trascendente una mera riproduzione dei rapporti di potere, tutto questo mi fa pensare a come la società abbia bisogno di una buona dose di marxismo.
Così, riguardo al corpo femminile, come possiamo stupirci se quello con cui gli uomini pensano di avere a che fare non è il corpo di una persona, ma un feticcio da conquistare o distruggere perché da questo può dipendere l’affermazione della propria esistenza di maschio? Un comportamento che può diventare compulsivo, in quanto un singolo atto appaga per un tempo limitato a meno che non sia definitivo, cioè non diventi femminicidio.