Per un femminismo intersezionale
Il razzismo, istituzionale e sociale, i limiti imposti alla mobilità umana e le specifiche condizioni di violenza che vivono le donne migranti, in quanto migranti e in quanto donne o soggettività LGBT*QIA+, sono questioni centrali e trasversali a tutto il movimento femminista di Non Una Di Meno. Siamo partite dalle nostre vite, consapevoli delle differenze di posizionamento che attraversano ognuna di noi secondo la provenienza, la classe, l’età, l’orientamento sessuale, l’identità di genere e l’abilità. Vogliamo combattere ogni forma di sessismo nei suoi intrecci con gli altri sistemi di dominio quali il razzismo e il capitalismo, su cui si strutturano quelle stesse gerarchie che pretendono di distinguerci in migranti e cittadin@. A fronte della retorica sull’integrazione che pone un binarismo gerarchico tra “noi” e “loro”, costruiamo alleanze tra forme diverse di oppressione come abbiamo fatto per lo sciopero globale dell’8 marzo.
Pratichiamo pertanto un femminismo intersezionale che, pur riconoscendo le differenze che caratterizzano le condizioni di ognun@, sceglie di lottare insieme contro la violenza del patriarcato, del razzismo, delle classi, dei confini. Muovere da questo posizionamento significa innanzitutto riconoscere che le donne migranti, con le loro azioni di resistenza e di rifiuto della violenza razzista, mettono in questione l’ordine patriarcale ogni giorno, alle frontiere (esterne e interne), nei Centri di Permanenza e Rimpatrio (CPR), nei centri di accoglienza, nei luoghi di lavoro, nelle case. Lottare insieme significa anche sottrarsi e rifiutare i discorsi securitari e razzisti che strumentalizzano la violenza sui corpi delle donne e dei soggetti LGBTQIA+. Esigiamo perciò un approccio non settoriale – ma intersezionale, appunto – alle questioni poste dalle migrazioni, consapevoli che la libertà di migrare e la lotta al razzismo istituzionale e sociale riguardano la vita di tutte le soggettività.
Contro il regime dei confini e il sistema istituzionale di accoglienza: libertà di movimento e autodeterminazione
Costruiamo le nostre rivendicazioni nel quadro della critica e dell’opposizione al regime globale dei confini e a partire dalle lotte e dalle pratiche di resistenza delle persone migranti. Rivendichiamo la libertà di movimento e il soggiorno incondizionato dentro e fuori l’Europa. Per questa ragione critichiamo il sistema istituzionale dell’accoglienza e rifiutiamo la logica emergenziale applicata alle migrazioni, che produce l’invisibilizzazione delle donne migranti in nome del decoro urbano e la militarizzazione delle vite di tutt@. Rifiutiamo la vittimizzazione delle donne migranti, perché riconosciamo le loro lotte quotidiane dentro e fuori i confini.
Ci opponiamo alle espulsioni, alla detenzione, al ricatto del permesso di soggiorno, al razzismo delle istituzioni che precarizza la vita di tutt@, alle politiche repressive ed escludenti nei confronti delle soggettività trans e non conformi.
È nostro obiettivo abolire le leggi italiane e europee che limitano e governano la mobilità delle migranti, a partire dalle leggi Minniti-Orlando e Bossi-Fini, fino agli accordi internazionali di esternalizzazione delle frontiere, inclusi quelli del sistema di Dublino e dei “migration compact” e gli accordi bilaterali, come quello con la Libia e con la Turchia. Altrettanto è nostro obiettivo abolire la detenzione amministrativa in Europa e nei paesi in cui viene esternalizzata, chiudendo i CPR così come ogni struttura limitativa della libertà di circolazione e del diritto di autodeterminazione rispetto alla propria vita. Vogliamo pertanto che sia abrogata ogni norma che criminalizza la libertà di movimento e la solidarietà tra le reti di migranti, a partire dal reato di ingresso e permanenza illegale e dalle norme sul favoreggiamento degli stessi.
Permesso di soggiorno incondizionato e ius soli
Vogliamo un permesso di soggiorno europeo incondizionato e illimitato, svincolato dalla famiglia, dallo studio, dal lavoro e dal reddito. Pretendiamo intanto l’applicazione di procedure semplificate, accelerate e requisiti ridotti per l’ottenimento della cittadinanza per le donne migranti; e ci opponiamo al lavoro gratuito e coatto per doversi “meritare” il diritto di restare, a ogni forma di sfruttamento, alle gerarchie volte a frammentarci e dividerci. Vogliamo la cittadinanza per tutt@, lo ius soli per le bambine e i bambini che nascono in Italia o che qui sono cresciut@ pur non essendovi nat@, e il diritto al ricongiungimento con le figlie e i figli già presenti sul territorio.
Esigiamo, inoltre, che il permesso di soggiorno per sfruttamento lavorativo (art. 22 TUIMM) sia svincolato dall’accertamento di reati in sede penale: deve essere garantito a tutt@ coloro che ne facciano richiesta in base al lavoro prestato anche al di fuori delle regole di soggiorno, così come devono essere predisposti meccanismi adeguati per il recupero delle retribuzioni e di ogni indennità non corrisposta.
Contro la strumentalizzazione razzista e securitaria della violenza di genere: spazi politici condivisi e femministi
È necessario scardinare la strumentalizzazione politica dei corpi delle donne native a fini razzisti e dei corpi delle donne migranti a fini securitari, liberare gli spazi urbani dai processi di ghettizzazione coatta e di gentrificazione, costruendo spazi politici condivisi e femministi. Contro la strumentalizzazione della violenza di genere in chiave razzista, securitaria e nazionalista, contro la violenza delle istituzioni, della polizia, dei tribunali, dei CIE e dei CPR, delle frontiere e di tutti quei dispositivi che reprimono la nostra autodeterminazione e presa di parola, contro tutto questo apriamo, costruiamo e ci riprendiamo luoghi fisici, ridefinendoli in termini politici e antisessisti, per elaborare strategie di resistenza e autogestione. Adottiamo strumenti linguistici e di lotta volti a favorire la partecipazione delle donne migranti, organizziamo con loro mobilitazioni capaci di dare visibilità ed espressione alle nostre rivendicazioni, progettiamo percorsi politici femministi.