di Rosetta Stella, Dolores Cassano
C’è una maniera particolare da parte delle donne nel comunicare l’esperienza diretta di Dio, un prendere la parola, senza bisogno di mediazioni clericali, che spesso, nel corso della storia, ha assunto forme critiche se non alternative nei confronti di pratiche devozionali tradizionali.
Nel tormentato panorama storico dell’Europa tardo-medievale attraversato dal proliferare di nuovi movimenti per il rinnovamento religioso e di nuove sensibilità spirituali, troviamo donne, le mistiche, che attraverso una libera scelta di vita laica ma dedita alla ricerca di Dio si muovono su strade mai tracciate.
L’audacia nel perseguire un magistero proibito e l’autorevolezza di un pensiero basato sul carisma che queste donne hanno dimostrato nel parlare della propria esperienza divina, ha raggiunto picchi di eccellenza come nel capolavoro che è Lo specchio delle anime semplici di Margherita Porete, la grande scrittrice mistica. Nonostante questo abbia fatto loro rischiare di essere cancellate dalla storia umana o di essere consegnate ai posteri con la squalifica di eretiche.
Come molte, quasi tutte, anche Margherita venne condannata al rogo, che ebbe luogo a place de Grève, nel pieno centro di Parigi, il 1 giugno 1310, dove fu bruciata insieme al suo libro di cui si voleva cancellare ogni traccia. Questo avvenne dopo aver rifiutato di collaborare con i giudici teologi dell’Inquisizione, rimanendo a “bocca chiusa” davanti a loro in osservanza alla lezione appresa alla scuola divina che le insegnava una speciale libertà dell’anima. Libertà “che né il mondo, né la carne né i nemici le possono nuocere”:
Però, come ci suggerisce giustamente Maria Alessandra Soleti nel suo interessante e approfondito studio dal titolo Margherita Porete: un processo ancora aperto edito da Il Poligrafo (Padova 2011), “non si può bruciare quanto già arde”.
Il cammino del pensiero della Porete, oltrepassando divieti e scomuniche, non si è arrestato e ha continuato a “infiammare le coscienze”, trovando accoglienza da parte di altre donne, “donne che cercavano la pienezza dell’essere attraverso un’esperienza di annientamento dell’io” e che si sono affidate a quell’insegnamento tanto da fare vuoto di sé e del già pensato per fare spazio ad una nuova idea di trascendenza.
La rilettura della lezione di Margherita Porete proposta dall’autrice, si è messa in ascolto di quelle voci femminili che nel corso del tempo sono state catturate dal suo pensiero; voci che “riconoscono nella mistica una via alternativa di autentica espressione di sé e una ‘rivoluzionaria’ modalità conoscitiva”. Una esistenza vissuta, quella di queste donne, rintracciata dalla Soleti che “sembra rispecchiare quella delle anime semplici cantata nello Specchio”.
In un confronto serrato con il testo, l’autrice ci conduce nel “fiume di idee” racchiuso nello Specchio, il quale ci invita ad ampliare lo sguardo per “fruire della trasformazione da/in Amore”, e che si propone come guida di un cammino spirituale da sperimentarsi in prima persona, “essendo un itinerario speculativo nell’atto stesso di essere percorso”.
Per compiere questo cammino di trasformazione dalla condizione di schiavitù, dominata dalla Ragione, alla libertà prodotta da Amore, all’anima non resta che “rinunciare alla propria identità e lasciarsi travolgere dalle acque inebrianti del mare divino, da cui proviene e in cui sfocia ogni singolo fiume, che immettendosi in quel plus, abbandona il proprio corso e perde il precedente nome”. Un’anima semplice è riconoscibile dalle sue simili, per la sua pratica di vita che fa della lezione d’amore una “manifestazione di tangibilità e accadimento dell’invisibile”. Una pratica che non rinuncia alla libera espressione di sé ma va oltre sé.
In questa “filosofia pratica che è il partire da sé, cioè dalla propria esperienza con tutto ciò che ha di determinato e desiderabile”, l’autrice riconosce rispondenze con quel pensiero femminile che afferma la necessità di unificare parola e vissuto in vista di un diverso rapporto con la realtà
Solo da poco più di sessant’anni, al prezioso lavoro di Romana Guarnieri si deve l’attribuzione certa della “maternità” dell’opera di Margherita a cui la Soleti restituisce un volto e un’anima in un lavoro molto accurato che è stato, tra l’altro gratificato con il premio Grazia Zerman.