Il ciclo di incontri, di cui proponiamo una selezione, prevede interventi che contribuiscono a trattare i rapporti instaurati fra donne, generativi di cultura e di narrazione storica. In una parola, di mondo.
Nel passato e nel presente, le mediazioni create dalle donne toccano il linguaggio. Le forme d’espressione rivelano spesso capacità poetiche di dire cose prosaiche; si danno così modalità nuove e attraversamenti di generi letterari, artistici e storici, capaci di rendere il simbolico femminile fertile, innovativo secondo un imprevedibile ma costante divenire. Per tutto ciò, i momenti programmati per questa serie di incontri trovano una certa risonanza con quelli che hanno dato luogo a 11 simbolico delle donne. Dico una certa risonanza e non una lineare continuazione. Si parlerà infatti di Relazioni, pratiche e mediazioni di donne iniziando con Emma Scaramuzza, autrice del saggio La santa e la spudorata, il cui filo conduttore è la storia dell’amicizia tra la filantropa Alessandrina Ravizza (1848—1915) e la scrittrice Sibilla Aleramo (1876—1960). Michela Persico—Campana contribuisce alla ripresa di tale filo ricostruendo l’amicizia tra Sibilla Aleramo e Irene Marcionetti (1905—2004) maestra ticinese e poeta.
Occorre precisare il senso di questo ciclo di incontri punmalizzando che si tratta, letteralmente, di relazioni, pratiche e mediazioni di donne e non soltanto fra donne. Il fra donne potrebbe evocare il gruppo ristretto e generico da cui la libertà femminile è dovuta necessariamente passare acquisendo, non di meno, guadagni simbolici preziosi che, al presente, possono perfino apparire scontati.. .fra noi, domando, rimanda oggi a forme di separatismo riduttive per la soggettività femminile che spazia, in vero, dappertutto?
Altro aspetto da sottolineare è l’intento di tratteggiare relazioni simboliche non coincidenti con i rapporti più o meno casuali, contingenti che l’esistenza riserva a diverso titolo. Senza però negarli, bensì a partire da essi, dalla quotidianità del loro accadere e non esaurirli in una narrazione esclusivamente autobiografica. Accenno al tentativo di lasciar sorgere allo sguardo qualcosa che va oltre lo schiacciamento sui fatti che accadono o non accadano nelle relazioni di donne e fra donne e coglierne il valore simbolico. Per cercare di spiegarmi meglio faccio un esempio avendo in mente quel che è lo stato delle relazioni con, fra e delle amiche qui agli Archivi. Abbiamo occasioni di trovarsi, collaborare, lavorare in un luogo comune. Ma queste opportunità relazionali, allo stato attuale delle cose, sono vissute in funzione di un fare che, a mio avviso, tacita il senso che quel fare ha per ciascuna. La movenza di essere/stare in relazione ad altro e altre esaurendosi nel fatto più o meno strumentale del trovarsi assieme per…, del trovarsi in accordo su…, del ricalcare progetti che confermino il già dato, induce una perdita della preziosità relazionale. Se accordi si danno e progetti riescono, tanto meglio. Le relazioni in sé, però, conferiscono qualcosa di più fecondo e trasformativo che non può essere programmato a priori rispetto a quello che sorge nella relazione vivente. Intendo una relazione di riferimento simbolico e non strumentale, dove a essere privilegiate sono parola e ascolto di donne. Ancora un interrogativo: “che cosa sono le pratiche?”. Mi è più facile dire che cosa non sono. Non sono metodi da esportare in contesti diversi da quelli in cui le pratiche nascono; non sono nemmeno in contrapposizione alle teorie, anche se queste sono seconde alle pratiche. Non è un passo felice procedere dall’astratto al concreto, secondo me. E sul concreto di una pratica, di uno stile di vita, di un agire vivente che possiamo ragionare e non, viceversa, pensare su un già pensato travisando pensiero pensante con opinione. Adeguare il vivere, la vita, il proprio sentire o non sentire a quelle che sono teorie senza esperienze, teorie prestabilite sulla falsariga del discorso ideologico, non ha e non è l’efficacia materiale delle pratiche.
Infine, per quanto riguarda le mediazioni, negli incontri di questo ciclo si tenta di cogliere mediazioni creatrici che non sono modelli da ripetere ovunque e comunque. Marirì Martinengo in apertura del ciclo precedente ebbe a dire che le mediazioni sono efficaci quando aprono contesti nuovi, non quando ripetono il mondo appassendosi e mortificandolo. Mediazioni che tentiamo di rendere visibili più attraverso discussioni e conflitti che non con pacificate relazioni.
Monica Cerutti-Giorgi
Ottobre 2005