Mara MONTANARO – Desiderio-Corpo- Riconoscimento nella produzione di Judith Butler

Abstract Tesi di Laurea Specialistica in Filosofia e Studi teorico-critici

Sessione estiva, Luglio 2009
Candidata: Mara Montanaro
Relatore: Paolo Vinci
Correlatrice: Judith Revel
Titolo tesi: Desiderio-Corpo- Riconoscimento nella produzione di Judith Butler
Oggetti della mia ricerca sono le nozioni di desiderio, corpo, riconoscimento nella produzione di Judith Butler.
Il Primo Capitolo: Tracce di desiderio è una ricostruzione dell’orizzonte teoretico in cui si inscrive  la nozione di desiderio in Butler.
Inizio pertanto col render conto di una serie di riprese e dislocamenti di questo tropo filosofico che è il desiderio, lemma centrale nelle produzioni dei maìtres à penser coi quali l’autrice si confronta da Kojève a Lacan a Deleuze mostrando come il testo da cui parte e a cui torna è la Fenomenologia dello Spirito di Hegel.
Mi soffermo poi sul rapporto tra desiderio e differenza sessuale declinata in Lacan, Sartre, Derrida  compiendo una prima incursione nei testi butleriani
Il Secondo Capitolo: Per una fenomenologia del desiderio in Judith Butler è dedicato ad un’analisi puntuale dell’opera butleriana, mostrando come il desiderio sia sempre desiderio di riconoscimento e come la nozione di riconoscimento sia declinata in chiave politica e psicoanalitica.
A tal proposito, opero un confronto con Jessica Benjamin, psicoanalista americana con cui Butler instaura un fitto dialogo in un saggio dal titolo: “Desiderio di Riconoscimento” contenuto in La disfatta del genere (Cfr. J. Butler, Undoing Gender, Routledge, New York, 2004; trad.it di P. Maffezzoli, La disfatta del genere, Meltemi, Roma, 2007) su cui analiticamente mi soffermo, al fine di evidenziarne le assonanze e i punti di rottura.
Il Terzo Capitolo: Dal desiderio di Riconoscimento al Desiderio di Subjection: Il corpo in Judith Butler è invece dedicato alla storia dei corpi che la nostra autrice ha scritto, chiarendo cosa intende per  Subjection (È necessario sottolineare come in italiano non esiste un’adeguata traduzione del termine Subjection che l’autrice utilizza sia per indicare il processo passivo di subordinazione al potere, sia il processo attivo del divenire soggetto. Di conseguenza Subjection è stato tradotto di volta in volta in italiano con i termini assoggettamento e soggettivazione, a indicare l’aspetto passivo e  attivo) e per pratiche di resistenza, per genere e performatività di genere.
Considero qui l’analisi di Zizek (Cfr. S.Zizek, Il soggetto scabroso, Milano, Cortina Editore, 2003) soprattutto a proposito de La vita psichica del potere.
Cerco poi di chiarire il complesso  rapporto con Foucault i testi a cui, per far ciò, mi riferisco sono in particolar modo Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio e Corpi che contano. I limiti discorsivi del sesso, testi in cui si coglie una torsione verso il filosofo francese, torsione che, cercherò di dimostrare, non mi appare compiuta fino in fondo.
Indago allora i corpi precari, vulnerabili, desideranti, materiali e sovversivi che la filosofa americana descrive nel corso della sua produzione, mettendo in rilievo però come la sovversione sia una pratica di resistenza limitata e attraverso le riflessioni di Judith Revel cerco di metterne in questione il significato politico.
Ciò che ho tentato di mostrare è che tutta la produzione butleriana  presenta  una co-implicazione e compresenza dello psichico e del sociale-simbolico e che questa co-implicazione è senza dubbio di matrice hegeliana.
Si avverte, ed è questo appunto su cui ho focalizzato la mia attenzione, in tutti i suoi scritti una modalità dell’argomentazione che, sebbene affronti questioni legate al corpo, al genere e al sesso, e al desiderio, si muove su binari teorici che lei stessa problematizza come idealistici.
Attraversando soltanto l’ultimo intervento in Italia: “Vulnerabilità, capacità di sopravvivenza” (J. Butler, “Vulnerabilità, capacità di sopravvivenza”, in Nudità, Kainos, rivista on-line, numero 8, 2009) che ben sintetizza gli interessi attuali dell’autrice, e tenendo presente la ricezione critica in Italia e in Francia del suo pensiero in due raccolte di saggi: Fare e Disfare. Otto saggi a partire da Judith Butler (Cfr. AA.VV, Fare e Disfare. Otto saggi a partire da Judith Butler, a cura di M. Pasquino e S. Plastina, Mimesis, Milano, 2008) e Judith Butler. Trouble dans le sujet, trouble dans le normes (Cfr. AA.VV, Judith Butler. Trouble dans le sujet, trouble dans les normes, a cura di F.Brugère e G.Le Blanc, Puf, Paris, 2009) ho tracciato i fuochi concettuali che percorrono la sua produzione evidenziando come, a mio avviso, resti legata al paradigma hegeliano del desiderio, del riconoscimento e della dialettica servo-padrone che emerge nella Fenomenologia dello Spirito. Concludo allora osservando come Butler esplicitamente ribadisce quanto il suo progetto filosofico resti all’interno dell’orbita definita da un preciso insieme di domande hegeliane:
Qual è la relazione tra desiderio e riconoscimento?
E com’è che la costituzione del soggetto comporta una radicale e costitutiva relazione con l’alterità?
Esattamente questo la conduce a non sviluppare fino in fondo la nozione di desiderio nomade, queer che accenna in Disfatta di genere e riformulare, invece, il desiderio sempre come desiderio di riconoscimento.
Allo stesso modo la nozione di un corpo resistente e rivoluzionario, riflessione che abbiamo analizzato in Scambi di genere e Corpi che contano e che ritorna nella produzione più recente con una particolare attenzione ai contorni ideali e quindi alla relazione con altri corpi, mostra che l’orizzonte hegeliano permane determinante: “Il soggetto è sempre fuori di sé, altro da sé, dal momento che la sua  relazione con l’altro è essenziale a ciò che esso è. (chiaramente, resto hegeliana a tutt’oggi, nel 2008)” ( Butler, “Vulnerabilità, capacità di sopravvivenza”, p. 15)
Vorrei allora concludere con le sue stesse parole:
Il servo indigna il padrone, si ricorderà, rispondendo al suo sguardo, rivelando una coscienza che non si supponeva che egli/ella avesse, mostrando quindi al padrone di essere diventato Altro da se stesso. Forse il signore perde il controllo; tuttavia, per Hegel, questa perdita di sé rappresenta l’inizio della comunità, e può essere che l’aporia nella quale oggi viviamo non faccia altro che portare la filosofia più vicina al proprio posto, come uno dei tanti fili che compongono il tessuto culturale.(J. Butler, La disfatta del genere, p. 280)
Redazione

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