Sto seguendo con grandissimo interesse e moltissima partecipazione e coinvolgimento emotivi gli incontri del seminario organizzato dalla professoressa Federica Giardini con la collaborazione delle preparatissime dottoresse Federica Castelli, Enrica, Gea, le Femministe nove e quante ad ogni meeting offrono il loro significativo contributo.
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L’altra metà del cielo. Era così che Mao Tse-Tung, il ‘Quattro volte grande’ – Grande maestro, Grande capo, Grande comandante supremo, Grande timoniere – il filosofo, politico e rivoluzionario cinese, simbolo e artefice di un profondo rinnovamento nel suo immenso Paese nella prima metà del Novecento, definiva la donna. Una definizione che è entrata nell’uso corrente per riferirsi all’universo femminile, e quindi alle donne di tutte le età, di tutti i paesi, di tutte le culture del mondo.
L’ITALIA – Un utilizzo, in particolare, che in Italia ha conosciuto forse la sua massima diffusione negli anni Settanta, all’epoca dei ‘girotondi’, della sorellanza, dei collettivi femministi e delle tante manifestazioni in piazza per il riconoscimento di uguali diritti alle donne, rivendicando l’orgoglio di essere donne, non solo ‘pari’ agli uomini. Essere donne è, appare, dopo secoli di umiliazioni, di negazioni e di imposizioni, un atout, un valore aggiunto del quale essere fiere. Le donne escono dalle quattro mura domestiche dove sono state relegate da una cultura patriarcale, smettono di essere ‘angeli del focolare’ dedite soltanto alla casa, alla famiglia, si uniscono, prendono coscienza… E scelgono. Non accade tutto all’improvviso, ma attraverso un processo di crescita, spesso lacerante, spesso sofferto, che le donne compiono attraversando le epoche.
LA DONNA IN CINA – Nel momento in cui Mao Tse-Tung intraprende il processo che porterà la Cina ad un cambiamento radicale trova un Paese fermo a logiche antiche, radicate da millenni dove la donna non ha un ruolo autonomo: non può vantare alcun diritto, deve occuparsi della casa e della prole e in una società rurale il suo compito è quello di lavorare i campi dal mattino alla sera, spezzandosi la schiena nelle tante risaie di quel vastissimo territorio, facendo i conti con la povertà e con le malattie. Per rispondere, inoltre, ad un canone millenario di bellezza alle donne venivano fasciati i piedi sin da quando erano bambine, avvolti in bende strettissime perché rimanessero piccini, ‘adorabili’, oggetto di piacere e di ammirazione per gli uomini. Di fatto, oltre ad essere una pratica dolorosissima, questa impediva loro di muoversi liberamente, di correre, di spostarsi agevolmente conferendo loro un’andatura saltellante, come di uccello. Un abuso, una limitazione nel nome di una tradizione che, in questo caso in Cina, ha contribuito a sottrarre ulteriore libertà alle donne.
L’UCCISIONE DELLE NEONATE – E, per rimanere ancora in Cina, una pratica che anche in altri Paesi asiatici come l’India sopravvive ancora, benché i governi la puniscano e siano corsi ai ripari, è quella dell’uccisione delle neonate: partorire una bambina è stato a lungo considerato un peso per le famiglie. E’ una realtà terribile, che fa inorridire ma che fa riflettere su quanto ancora essere donna sia un peccato, un reato tale da punire con la morte. Oggi in India, nonostante la crescita economica e la diminuzione delle morti per parto, il numero delle neonate continua a diminuire. Nel 1971 erano 964 ogni mille maschi, dato sceso a 918 nel 2011, secondo i dati forniti dall’Onu. Tra il 2001 e il 2011, la situazione è ulteriormente peggiorata in due terzi dei distretti indiani. Secondo il giornale britannico The Lancet sono fino a 12 milioni le bambine indiane mai nate tra il 1980 e il 2010.
LA STRAGE SILENZIOSA – Per contrastare questa strage silenziosa, che ha gravi impatti sociali in una società patriarcale dove le figlie rappresentano soltanto un onere per le finanze familiari, si sono mobilitate le organizzazioni internazionali ed i governi dei paesi interessati.
Lo scorso autunno, pochi giorni prima della visita in India del presidente Usa Barack Obama, il premier indiano Narendra Modi ha lanciato una campagna contro la diminuizione del numero delle bambine a causa degli aborti selettivi, una emergenza nazionale per l’Onu. Narendra Modi ha presentato la campagna ‘Salva tua figlia, educa tua figlia’ spiegando che “le bambine vengono uccise mentre sono nel ventre delle loro madri e noi non sentiamo dolore” e ribadendo: “Non abbiamo il diritto di uccidere le nostre figlie”, riferendosi al ricorso all’aborto selettivo, vietato ma molto diffuso.
LA SELEZIONE DEL SESSO – Sì al figlio maschio no alle femmine. A novembre 2015, lo stesso giorno in cui il premier indiano Modi dava il via alla campagna, in Cina, dove nascono 116 bambini ogni 100 bambine, le autorità governative hanno deciso un ‘giro di vite’ contro le agenzie che inviano campioni di sangue delle future mamme all’estero per determinare il sesso del nascituro. Secondo l’agenzia Xinhua le maggiori restrizioni saranno sul web. In Cina le analisi per determinare il sesso del nascituro sono vietate, ma le famiglie aggirano il divieto attraverso agenzie, pubblicizzate soprattutto sul web, che offrono il servizio all’estero. Fra le misure decise dalla Commissione cinese c’è il divieto per i motori di ricerca di dare nei risultati link ai siti che contengono la pubblicità delle agenzie, oltre che pene più severe per quelle illegali, e il divieto per i medici di trasportare o spedire campioni di sangue all’estero.
L’IMPERATRICE WU – Tornando alla condizione delle donne in Cina, non erano libere nemmeno le ricche aristocratiche, sottomesse agli uomini ed ai loro voleri e costrette a convivere con le loro ‘rivali’, tra odi e ripicche e ben poca solidarietà, nei ginecei di palazzo, né le imperatrici, ufficialmente ligie a rigidi protocolli di corte. Un’eccezione fu rappresentata dall’imperatrice Wu, conosciuta anche come Wu Zetian (Guangyan, 17 febbraio 624 – Luoyang, 16 dicembre 705), l’unica sovrana cinese a fondare la propria dinastia, chiamata Zhou, regnando col nome di ‘imperatore Shengshen’ dal 690 al 705. La sua ascesa ed il suo regno furono fortemente criticati dagli storici confuciani, benché certi aspetti siano stati rivalutati a partire dagli anni Cinquanta. Entrata a palazzo da bambina come concubina dell’imperatore, portò a compimento la sua ascesa al potere, diventando prima imperatrice reggente e poi imperatrice, anche con mezzi non propriamente leciti, sbarazzandosi di rivali e di quanti cercavano di ostacolarla. Alla sua morte, all’età di 80 anni, salì sul trono il figlio, Zhong Zong. Fu sepolta accanto al marito Gaozong nel Quianling Mausoleum, sul monte Liang, vicino alla capitale Chang’an.
L’ALTRA META’ DEL CIELO – Definire la donna ‘L’altra metà del cielo’ suona dunque come un omaggio da parte di Mao, il Grande traghettatore. Una sintesi perfetta nella quale l’essere femminile si pone come un universo a sé stante, un riconoscimento alla sua unicità in una società ed in una cultura patriarcali dove è l’uomo che dispone, e dove era noto, e probabilmente praticato, il proverbio ‘Quando torni a casa la sera, picchia tua moglie. Tu non sai il perché, lei lo sa benissimo’. Mao Tse-Tung, promotore della cosiddetta Rivoluzione culturale, autore del famoso volume, un’antologia più propriamente che raccoglie alcune delle sue massime tratte da altre opere, conosciuta come il Libretto rosso o Libro delle guardie, che i cittadini dovevano obbligatoriamente portare con sé, meglio se imparandole a memoria, compie pertanto un importante passo verso il riconoscimento di pari diritti alle donne nella società cinese fin dalla prima metà del Novecento.
LA PARITA’ – La Repubblica Popolare Cinese aveva garantito fin dalla sua costituzione, nel 1949, la parità tra uomini e donne, ossia pari diritti al lavoro, alla proprietà e all’istruzione. Più libero il matrimonio, con la possibilità di divorziare e di contrarre nuove nozze, anche se questo si verificava molto raramente.
LA FORZA DELLE DONNE – ‘L’altra metà del cielo’ è un tributo alle donne intese come una parte della volta celeste che ci sovrasta, che sta sopra e tutta intorno alla terra, avvolgendola, eppure, nonostante questo, lontana, misteriosa ed irraggiungibile. Un mistero. L’eterno femminino. L’universo femminile così antico, ancestrale, arcaico. La potenza e la fertilità delle donne che danno la vita, che procreano. Il loro magnetismo, la loro ‘magia’, il loro essere streghe o fate, o entrambe contemporaneamente, senza cadere in stereotipi di dubbio gusto, troppo spesso abusati e strumentalizzati. La loro fragilità, debolezza ed emotività, che è anche la loro grande forza perché è capacità ‘antica’ di attingere a risorse ‘sotterranee’, di far fronte alle avversità in silenzio, ma con tenacia, proteggendo e difendendo la vita. Le donne usano la loro forza, creativa e creatrice, contrapponendola alla violenza, tipicamente maschile, che distrugge. Un tratto comune a tutte le donne, nate da quella prima Eva africana, riconosciuta come la progenitrice del genere umano.
‘SPERIAMO CHE IL FUTURO SIA DONNA’ – Nel 2005 il premio Nobel Rita Levi-Montalcini raccontò degli ultimi sviluppi compiuti dalla scienza, che hanno permesso di scoprire quando e dove ha avuto origine la specie umana, nel suo primo libro per ragazzi ‘Eva era africana’. Con il piglio e la determinazione con i quali ha vissuto la sua lunga esistenza, Rita Levi-Montalcini, prima vittima delle leggi razziali durante il fascismo perché di religione ebraica in seguito ricercatrice nei laboratori americani, riconosciuti ‘territori maschili’, consapevole della “condizione insostenibile delle donne fa ritenere (la teoria della Eva africana, ndr) che, dopo secoli di rassegnata accettazione e ingiustizie, le nuove leve possano apportare un cambiamento radicale alla società. E che reagendo alle attuali condizioni di degradazione dell’intero continente africano riescano infine a interrompere il ciclo di povertà e di instabilità demografica del continente. Speriamo che il futuro sia donna”, è poi l’augurio che la scienziata fece, e che ebbe modo di ripetere in numerose occasioni, con la sobrietà e la semplicità che la caratterizzavano.
Quanto alla teoria della Eva africana gli scienziati sono ormai concordi nell’affermare che la storia dell’uomo ebbe inizio circa due milioni di anni fa in Africa. Proprio qui, infatti, nel continente più antico, furono rinvenuti gli esemplari fossili attribuiti ai progenitori degli uomini e delle scimmie, tra i quali questa nostra antenata.
L’ETERNO FEMMININO – Dall’altra metà del cielo di Mao Tse-Tung al termine suggestivo di ‘eterno femminino’, dove femminino deriva da femminile, ossia ciò che è caratteristico della donna. E’ una parola usata raramente che deve la sua fortuna per essere stata utilizzata nella traduzione del Faust di Goethe, il capolavoro di uno dei più grandi interpreti della cultura e della letteratura tedesca, pubblicato nel 1832 in Germania. Nel V atto, nel momento conclusivo della redenzione di Faust il cui spirito viene assunto in cielo, l’autore sottolinea come causa della sua salvezza sia la figura di Margherita e il suo amore: sono state proprio le sue qualità femminili a consentirla. Le qualità di Margherita non sono contingenti, ma connaturate nel concetto stesso di femminilità. Nel verso finale, infatti, Goethe scrive: ‘Das Ewig-Weibliche zieht uns hinan’, cioè ‘L’eterno femminino ci trae in alto’. L’espressione di ‘eterno femminino’ fu introdotta nell’uso italiano da Giosuè Carducci, che l’aveva mutuata a sua volta da una traduzione della critica francese, ‘l’éternel féminin’.
IL FEMMINILE E FEMMININO – Che cos’è il femminile? Ed il femminino? Possono essere considerati sinonimi o il femminino è una ‘qualità’ così come soltanto Goethe la intese, lavorando per sessant’anni alla sua opera scrivendo bozze, revisionando e aggiungendo le sue conoscenze e le sue dottrine culturali? Riferendosi a ‘qualità femminili’ queste comprendono un’ampia gamma di aspetti, interpretazioni e connotazioni, dipendenti anche dal momento storico e sociale contingente, dunque lontane da come le intende Goethe. Secondo una possibile interpretazione del termine goethiano ‘femminino’ ci si può riferire ad un concetto dal significato ampio, ma dall’utilizzo raro, che indica un particolare tipo di ‘femminile’. Un femminile fisso, saldo, profondo che richiama quelle caratteristiche sacre e bestiali ad un tempo di amore totale e di spinta all’elevazione che sono inscritti nella figura della donna, così come è stata rappresentata nella letteratura degli ultimi dieci secoli, di cui Dante e Petrarca con le loro donne angelicate, le madonne Beatrice e Laura sono un esempio, e nelle vicende della nostra storia più recente, che vuole da una parte le donne pure e purificate dalla maternità, le madonne, dall’altra le streghe, le immorali, le tentatrici. Stereotipi duri a morire, purtroppo, che hanno condannato e imprigionate le donne, la maggioranza, in ruoli scelti da altri.
LE DONNE NEL 2016 – Quanto alle donne cinesi, ‘L’altra metà del cielo’, oggi, nella loro società possono e devono fare quello che possono e devono fare gli uomini. In Cina l’epoca della chiusura è finita con la morte di Mao nel 1976 e, ancora di più, con l’epurazione della ‘Banda dei Quattro’, nel 1977, 1978, della quale faceva parte la sua vedova. A segnare la svolta, l’inizio del governo di Deng Xiaoping che per la Repubblica Popolare Cinese sigla una nuova epoca.
LA CONDIZIONE – Se confrontata con molti altri Paesi in via di sviluppo, la condizione della donna cinese è tra le migliori. Il governo ha emanato delle leggi che la tutelano, garantendone emancipazione e autonomia. Anche se a livelli ancora molto bassi, le donne stanno facendo la loro comparsa anche in politica.
Tuttavia, nonostante gli sforzi del governo, in particolare nelle aree rurali, le conseguenze dei maggiori problemi sociali ricadono principalmente su di loro, che sono il 50% della popolazione, e sui bambini. Costituiscono un enorme potenziale e lo stanno dimostrando. Con l’enorme, aggressivo sbarco nel mercato economico mondiale del Paese tra i tycoon, i milionari, si contano abilissime imprenditrici e ‘capitani d’industria’ con patrimoni enormi. Nel nostro Paese vi sono donne cinesi che negli ultimi dieci, quindici anni hanno costruito aziende solidissime dedicandosi al commercio e alla ristorazione.
LA CONQUISTA DELLO SPAZIO – Dall’altra metà del cielo all’altra metà dello spazio. Le donne – e non siano considerate, per carità, dei fenomeni da baraccone, come accade purtroppo ancora di sentir commentare da alcuni individui retrivi, contrari ad ogni progresso culturale e sociale – ricoprono sempre più ruoli e incarichi prestigiosi, grazie alle loro competenze, che un tempo erano loro preclusi. Per ‘cultura’, o forse sarebbe più corretto definirla ‘sottocultura’, le donne erano indirizzate verso studi umanistici piuttosto che scientifici, che aprivano a professioni tipicamente ‘femminili’ quali l’insegnamento, senza naturalmente nulla togliere all’insegnamento. Questo accadeva fino a pochi decenni fa in Occidente, Italia compresa.
VALENTINA TEREŠKOVA – Nell’Unione sovietica, tuttavia, paese comunista come la Cina di Mao e che come questa garantiva accesso all’istruzione e a professioni considerate altrove maschili, Valentina Vladimirovna Tereškova, 26 anni, il 19 giugno del 1963 tornò sulla Terra a bordo della capsula Vostok 6 dopo aver compiuto 48 orbite intorno al nostro pianeta. Rimase nello spazio per tre giorni. Era partita il 16 di giugno. Quel giorno, alle 14 ora di Mosca, la televisione sovietica annunciò che una nuova capsula si aggiungeva alla Vostok 5 di Bykovskij lanciata due giorni prima. A pilotarla era una cosmonauta di nome Valentina, la prima donna ad andare nello spazio. Il primo ministro Chruščёv riportò così la sua ennesima vittoria propagandistica sugli Stati Uniti: il viso di brava ragazza e l’impresa spaziale della giovane astronauta diventarono i simboli dell’emancipazione e del coraggio delle donne sovietiche.
LA MOSTRA – A parte la propaganda del primo ministro sovietico, in piena apertissima competizione con gli Stati Uniti in epoca di ‘guerra fredda’, all’impresa di questa giovane astronauta, alla quale il Science Museum di Londra ha dedicato una sezione dell’interessantissima mostra ‘Cosmonauts: Birth of the Space Age’, visitabile fino al prossimo 13 marzo, permette di osservare, per la prima volta, una serie di reperti che costituiscono la più importante collezione di veicoli spaziali e manufatti russi mai esposti precedentemente in Occidente. Tra questi vi è la Vostok 6, la piccola capsula pilotata da Valentina Tereškova.
IL DINIEGO DELLA NASA – Negli Stati Uniti, invece, lo spazio fu inizialmente precluso alle donne. Era il 26 febbraio 1962 quando una donna americana, una certa ‘Miss Kelly’, ricevette una lettera direttamente dalla Nasa. Il testo non lasciava spazio a speranze: “La sua offerta di partecipare a una missione spaziale è encomiabile, e le siamo molto grati. Questa lettera è per informarla che attualmente non abbiamo programmi riguardanti astronaute donne, né contempliamo piani simili in futuro”. Il documento, pubblicato qualche anno fa da un utente del sito di social news ‘Reddit’, ha fatto ben presto il giro del web, tanto che anche Hilary Clinton, impegnata nella sua campagna per le presidenziali del 2009 , di aver ricevuto anche lei una lettera di rifiuto simile, dopo una sua richiesta di ‘diventare astronauta’.
SAMANTHA CRISTOFORETTI – Da quel giugno del 1963 la storia dell’esplorazione spaziale annovera molte astronaute. Arriviamo così a Samantha Cristoforetti, la cosmonauta 38enne di origine trentina, laureata in ingegneria, ufficialmente entrata nei libri di storia dell’esplorazione spaziale dopo aver stabilito il record di permanenza consecutiva nello spazio per una donna: 200 giorni. L’astronauta italiana ha soffiato il primato alla statunitense Sunita Williams, che tra il 2006 e il 2007 era rimasta in orbita per 195 giorni. Il sorpasso è stato effettuato alle 16.21 del 6 giugno 2015 quando Samantha Cristoforetti ha superato la collega della Nasa. Con il rientro previsto per l’11 giugno l’asticella del record è salita a 199 giorni e alcune ore. Quasi 200 giorni nello spazio orbitando e, come ha sempre sostenuto la nostra astronauta, vivendo un’esperienza unica, meravigliosa, il sogno di una vita.
IL PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA – Nel suo recente discorso di fine anno il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha voluto ricordare quattro persone, tre delle quali sono donne, ringraziandole per il loro impegno. “L’Italia è ricca di persone e di esperienze positive. A tutte loro deve andare il nostro grazie”, ha detto il capo dello Stato.
“Sono ben rappresentate da alcune figure emblematiche. Ne cito soltanto tre: Fabiola Gianotti, che domani (1 gennaio 2016, ndr) assumerà la direzione del Cern di Ginevra, Samantha Cristoforetti, che abbiamo seguito con affetto nello spazio, Nicole Orlando, l’atleta paralimpica che ha vinto quattro medaglie d’oro.
Nominando loro rivolgo un pensiero di riconoscenza a tutte le donne italiane”, ha proseguito il presidente Mattarella: “Fanno fronte a impegni molteplici e tanti compiti, e devono fare ancora i conti con pregiudizi e arretratezze. Con una parità di diritti enunciata ma non sempre assicurata; a volte persino con soprusi o con violenze”. Ricordando le donne Sergio Mattarella ha voluto anche rivolgere “un pensiero particolare alle persone con disabilità, agli anziani che sono o si sentono soli, ai malati”.
Donne, sì, ma prima di tutto persone. Questo tempo sia finalmente vissuto nel rispetto per le persone che siano donne, uomini, terzo o quanto sesso, anziani, bambini, disabili, malati, a qualunque paese, credo religioso o politico appartengano.