Come è stata acquisita la consapevolezza di esser donna.
Siamo fin troppo abituati a parlare di femminismo, di diritti della donna e di emancipazione, infatti troviamo milioni di considerazioni su questo argomento sia nella letteratura, che nella politica, che nella cultura stessa. Il movimento femminista è ai cardini della società e della sua formazione attuale e futura; è un’ideologia, è la consapevolezza di essere “donna” che ognuno di noi ha materializzato. Sono state fatte lotte, insurrezioni o atti di violenza per difendere questo pensiero, basti guardare le “suffraggette” del ‘900: alcune di loro sono morte, Emily Davison per fermare il cavallo di Re Giorgio V, altre sono state incarcerate per aver gridato in piazza il loro pensiero, Annie Kenney e Christabel Pankhurst (quest’ultima a capo della Women’s Social and Political Union in Inghilterra). Eppure, anche se hanno sacrificato il proprio corpo per difendere la loro sessualità, ci sono donne che con la sola forza della “mente”, hanno lasciato un segno ancor più profondo nel movimento.
Quando dico che ci sono donne che con la forza della loro mente hanno lasciato un segno ancor più profondo, mi riferisco alle scrittrici Virginia Woolf e Simone de Beauvoir e alla saggista Betty Friedan. Sono state le prime che cercarono di spingere questa ideologia da dentro, per poi lasciarla vivere sulle pagine e per trovare una coscienza in comune con le altre donne. Ci troviamo in un periodo storico un po’ particolare, infatti siamo agli sgoccioli della fine della Guerra Mondiale e le donne hanno appena acquisito i diritti di voto, il diritto di istruzione superiore e la libertà di praticare professioni lavorative. Gli studiosi per quanto riguarda il movimento femminista, parlano di “periodo di riflusso”: gli uomini e il mondo sono troppo occupati a organizzarsi per la guerra, per i patti, per le rivoluzioni del periodo e per circa cinquanta anni non sarà più di intralcio questa lotta femminile. Queste lotte, infatti, hanno anche avuto periodi bui, in cui sono state costrette a prendere una pausa dalla sfera pubblica (come nel caso degli anni 20-70 del Novecento), ma mai si sono arrestate totalmente; anzi, hanno continuato a covare dentro, più forti che mai, in ogni donna ma soprattutto tra quelle di ceto medio-alto con una elevata istruzione e una forte ideologia. Qui entrano in gioco le donne che vi avevo citato poco fa, prima tra tutte Virginia Woolf.
Le donne del ‘900 sono sature di ideologie ereditate dalla “prima ondata” del movimento femminista, che ormai è verso la sua fine. Nella seconda metà del Settecento vediamo le ideologie sull’emancipazione della donna farsi concrete con Olympe De Gouges a Parigi (sacrificò la sua vita, andando alla ghigliottina). Successivamente il pensiero non si fermò più, passando per diverse tappe e arrivando fino ai primi decenni del Novecento, in cui avrà un apparente stop. Elenco alcune di queste tappe:
- il Femminismo liberale, portato avanti soprattutto da Seneca Falls, Jonh Mill e Harriet Taylor. Vi si affermava che uomini e donne sono eguali e «dotati dal loro Creatore di diritti inalienabili; che tra questi vi sono la vita, la libertà, il perseguimento della felicità». In questa fase si punta l’attenzione su come la donna venga abituata fin dalla nascita ad essere schiava e asservita all’uomo, costituendo la struttura moderna. L’unica soluzione è dare un taglio netto nella società;
- il Femminismo socialista, rappresentato da Flora Tristan e Marie-Reine Guindorf. In questa fase, utopisti come Owen, riconoscevano che il grado di emancipazione della donna va di pari passo con il progresso generale della società. Oltre che l’uguaglianza giuridica e civile viene richiesto il diritto di voto universale, l’introduzione del divorzio, l’aumento dei salari e la provvidenza sociale. Il tipo di richiesta ci fa notare che siamo nel periodo storico del socialismo! Non solo gli uomini rivendicano diritti sul lavoro, ma anche le donne; soprattutto quelle di basso ceto che sono costrette a lavorare nelle fabbriche per salari veramente bassi. E Marx a proposito diceva che “la composizione del personale operaio combinato con individui d’ambo i sessi e delle età più differenti, per quanto spontanea e brutale, cioè capitalistica, fonte bensì di corruzione e di schiavitù, si sarebbe poi rovesciata in fonte di sviluppo di qualità umane”. Inoltre affermava che il sistema capitalistico rovesciava totalmente la vecchia concezione di famiglia, dando alla donna un’entità fuori dalla sfera domestica; quindi – come per Fourier e Owen – il progresso sociale si può misurare con esattezza dalla posizione sociale della donna;
- il Femminismo anarchico identifica il problema della donna nello Stato. Infatti ritiene che sia inutile andare a chiedere diritti ad esso, se per sua natura li toglie e non può darli. Questo movimento mosse i suoi primi passi con Voltarine de Cleyre, Emma Goldman e Lucy Parsons.
In questa fase vediamo come la cosa principale fosse rimarcare l’uguaglianza tra uomo-donna e come si lotti per avere dei diritti, non essendoci stati precedentemente. Ora non è più così: piano piano i risultati si stanno vedendo e non importa più l’uguaglianza uomo-donna ma la differenza positiva uomo-donna. La donna deve imparare a provare disgusto per la cultura maschile, per la sua politica, per la sua ideologia invasiva e per la concezione stessa che l’uomo da all’esistenza. Ed è proprio su questo punto che saranno improntati i pensieri delle donne post-femminismo anarchico, come Virginia Woolf, Simone de Beauvoir e tutte quelle della “seconda generazione”.
Virginia Woolf (1882-1941), femminista per eccellenza, ha dato il suo contributo principale introducendo il concetto che “l’identità sessuale dell’individuo è un costrutto sociale che può essere trasformato e cambiato”. I suoi meriti però non stanno nell’attivismo, infatti è sempre stata riservata e nella sua sfera privata ha risolto ai problemi sessuali con con un’etica androgina, ma nei suoi scritti. Ha sofferto molto della sua condizione subordinata anche nell’istruzione; infatti non ha mai avuto lo stesso trattamento dei suoi fratelli. Lei stessa ha vissuto personalmente la discriminazione sessuale, riguardo una delle cose più importanti della sua vita, ovvero lo scrivere, nonostante appartenesse comunque ad un ceto abbiente. Ma non si è arresa ed è riuscita a emergere con dei capolavori: famosi sono “Mrs Dalloway” e “La gita al faro” ma espressamente femministi sono i suoi saggi “Le tre guinee”, scritto immaginando che un’associazione pacifista maschile le avesse chiesto un contributo per finanziare iniziative che scongiurassero le minacce di guerra; possedendo tre ghinee, la Woolf decide di ripartirle in tre opere di beneficenza che potrebbero ottenere il risultato di prevenire la guerra, e “Una stanza tutta per sè”, in cui afferma che «una donna deve avere denaro, cibo adeguato e una stanza tutta per sé se vuole scrivere romanzi». Il passaggio definitivo alla “seconda generazione” viene dato da Simone de Beauvoir, che da femminismo strettamente materialista, legato ai diritti legali e civili, diventa un femminismo biologico che lotta per le discriminazioni sessiste e naturali. Nel suo libro “Il secondo sesso” scrive che «non si nasce, ma si diventa donna; è la civilizzazione intera che produce questa creatura. Soltanto l’intervento di qualcun altro può stabilire che un individuo sia un Altro». Cos’è l’Altro di cui parla Simone? L’uomo si è creato attorno a lui un reticolo istituzionale: l’avvocato è uomo, il medico è uomo, il prete è uomo e lo scienziato anche; il mondo gira attorno all’uomo. Quando si parla di qualcuno si sa che lui è l’Uno e lei è l’Altro, e in un discorso viene sempre spontaneo precisare l’essere donna, mentre l’essere uomo è scontato. Simone vuole smontare questo pensiero, annullando la concezione dell’Altro e mettendo il punto, invece, sulla concezione di libertà, svincolandosi dalla reputazione negativa che gli uomini hanno addossato loro nel corso della storia. Come dice anche la Dottoressa Castelli in un suo intervento al seminario Lineamenti intitolato “Liberazione”, le donne di questi anni aspirano ad un tipo di libertà uguale a quello degli uomini, proprio come volevano nei decenni precedenti gli stessi diritti degli uomini su ogni altro aspetto. Ma ciò non è possibile! Come si può chiedere di avere la stessa libertà di un uomo, se è stato lui stesso a definire questo concetto nella società attuale, e ne è il centro? Per questo si capisce che non si può basare la propria libertà su quella dell’uomo, così la donna si ricrea, si rigenera e riparte da sé stessa. Naturalmente la libertà dà anche la possibilità di poter scegliere tra due vie: essere quella che la società impone e ciò che tuo padre e tuo marito vogliono, omologandoti alle regole del tempo, vivendo “per sè” (come dice Sartre); oppure vivere “in sé” scegliendo di esistere secondo i propri valori, le proprie regole e idee. Questa subordinazione generale della donna da nome al libro di Simone de Beauvoir in quanto il secondo sesso di cui lei parla è quello femminile, mentre il primo è quello maschile. Dà un titolo prettamente discriminatorio per attirare l’attenzione su ciò che lei ritiene insensato, per poi scrivere al suo interno ciò che darà la spinta emotiva e ideologica a tutti i movimenti femministi successivi.
Vedete come queste donne siano forti, come sia forte il loro pensiero? Si ok, si trovano già avvantaggiate rispetto alle suffraggette a cui era persino vietata la libertà di pensiero, ma nonostante ciò riflettete: è più potente una lotta fisica o una lotta psicologica? Le donne dell’Ottocento hanno lottato nelle piazze per aver il diritto di voto e il divorzio, sono morte per questa ideologia e sono state carcerate, torturate… nonostante ciò la discriminazione verso di loro ha continuato ad esserci, anzi è stata alimentata. Ma in una società creata sull’uomo e la sua figura, cosa ci si doveva aspettare? La vera forza della donna è chiara in Virginia Woolf e Simone de Beauvoir: è una forza intellettuale. Infatti è in questo periodo che sono palesi i risultati del movimento femminista: un movimento lento, studiato, pensato ma profondo, capace di smuovere anche pensieri di uomini colti come Owen e Marx. Quando persino gli uomini arrivano ad avere ripensamenti sulla struttura sociale, qui arriva la vera “rivoluzione”; infatti queste donne hanno il merito di essere state le prime a plasmare il pensiero verso la vera emancipazione della donna.
E’ innegabile che molti esempi storici ci mostrino come la violenza e l’attivismo siano indispensabili per un cambiamento: vedi la Rivoluzione francese, la Rivoluzione Russa, la lotta al Nazi-Fascismo, ma perché si trattava di smuovere un personaggio politico o un’istituzione..quando invece da cambiare è la cultura, è davvero così importante la fisicità? Sicuramente le lotte precedenti hanno dato uno sprint e attirato l’attenzione sul movimento ma il colpo di grazia è stato dato dall’attivismo intellettuale delle donne.
Finita la Guerra, negli anni Settanta finisce anche il “periodo di riflusso”, che lancia le basi per la “seconda ondata” del movimento. Le donne sono di classe media e non sono soddisfatte dei pensieri liberal-socialisti e anarchici, ma vogliono di più. Ormai nel mondo occidentale le donne hanno ottenuto tutti i diritti che richiedevano, ma nelle case e nelle famiglie le discriminazioni ancora esistono; quindi l’unica soluzione è rimuovere il problema alla radice per disegnare definitivamente la differenza, ricordiamo in positivo per la donna, con l’uomo: da qui il Femminismo Radicale. Il principale esponente è il gruppo delle Redstockings, che riassume il concetto della discriminazione con queste parole: «Le donne sono una classe oppressa. La nostra oppressione è totale e riguarda ogni aspetto della nostra vita. Siamo sfruttate come oggetti sessuali e di riproduzione, come personale domestico e come manodopera a basso costo. Siamo considerate esseri inferiori, il cui unico scopo è quello di migliorare la vita degli uomini. La nostra umanità è negata. Il nostro comportamento ci viene prescritto e imposto con la minaccia della violenza fisica […] Noi identifichiamo gli agenti della nostra oppressione negli uomini. La supremazia maschile è la più antica, la più basilare forma di dominio. Tutte le altre forme di sfruttamento e di oppressione (razzismo, capitalismo, imperialismo ecc.) sono estensioni della supremazia maschile: gli uomini dominano le donne, pochi uomini dominano il resto. Tutte le strutture di potere nel corso della storia sono stati a prevalenza maschile e maschilista. Gli uomini hanno controllato tutte le istituzioni politiche, economiche e culturali e hanno sostenuto questo controllo con la forza fisica. Hanno usato il loro potere per mantenere le donne in una posizione di inferiorità. Tutti gli uomini ricevono benefici economici, sessuali e psicologici dalla supremazia maschile. Tutti gli uomini hanno oppresso le donne». Notiamo che si fa spesso riferimento al “beneficio sessuale” perché tipico di questa seconda generazione, non è solo pensare alla differenza positiva con l’uomo e non all’uguaglianza, ma anche sottolineare la differenza sessuale (in senso strettamente fisico). Siamo in un’epoca più moderna ed iniziano ad uscire testi ritenuti volgari dalla maggior parte della popolazione, in cui si fa esplicito riferimento alla sessualità e ai suoi organi; prima tra tutte Kate Millet, una delle fondatrici del gruppo, con il suo “Politica del sesso”. La scrittrice statunitense analizza diversi scrittori del tempo come Lawrence, Mailer, Miller e Genet; nota che i primi tre – eterosessuali – vedono la donna come «una fastidiosa forza minoritaria da conculcare e mirano a un ordinamento sociale nel quale la femmina sarebbe perfettamente dominata», mentre Genet – omosessuale dichiarato – «ha integrato la donna in una visione di drastica sollevazione sociale, dove la sua antica subordinazione può dar luogo a una forza esplosiva. E, effettivamente, sono le donne a rappresentare la rivoluzione». Il perché di questa constatazione è rintracciabile nella concezione del tempo riguardo l’omosessualità.
Prima devo fare una piccola parentesi: Freud riteneva che una donna raggiunga la maturità nel momento in cui riesca a raggiungere l’orgasmo, non soltanto clitorideo, ma anche con la penetrazione. Le donne degli anni Settanta hanno la consapevolezza che ciò è assolutamente falso e che, così come l’uomo ha un solo punto di piacere, anche la donna ne ha uno; e questo piacere non deriva esclusivamente da un uomo – come invece prevedeva la visione maschilista di Freud – e dalle sue caratteristiche, in quanto la vagina non è creata per il piacere, a differenza del clitoride. Tutto questo per dire che le donne venivano viste come un semplice oggetto sessuale per il piacere dell’uomo…una volta constatato che lui non è indispensabile per il loro, se ne svincolano e anche a livello sessuale lo scardinano dal ruolo privilegiato che aveva, riprendendosi la loro autonomia. Viene da sé che da questo punto si parlerà di Femminismo Lesbico.
Giunti alla conclusione di questo escursus temporale sui movimenti femministi, spero di esser riuscita a sottolineare ciò che più avevo a cuore: ovvero la forza intellettuale delle donne, capace di scardinare anche i pensieri più radicati. Oggi la discriminazione è presente e credo sempre lo sarà – gli uomini hanno avuto troppo tempo per fortificare la loro posizione – ma l’importante è la consapevolezza delle proprie capacità, delle proprie forze e, anche, debolezze.
Fonti:
Letteratour – Teorie della letteratura: la critica femminista
Pasionaria – Virginia Woolf, voce dell’indipenza femminile
Archivio storico, corriere.it – Virginia Woolf, la via passionale al femminismo
Stampa critica – Virginia Woolf, donna dentro oltre che fuori
Bacone.wikispace – La prima critica femminista: Woolf e Beauvoir
Enciclopedia Treccani
Wikipedia
Garzanti Linguistica
Iaphitalia.org – Lineamenti
Webalice – Freud e la sessualità della donna